Come i messaggi elettronici sono inquadrati giuridicamente

La Corte costituzionale, con la pronuncia n. 170 del 27 luglio 2023, ha deciso sul conflitto di attribuzioni insorto tra il Senato e la Procura della Repubblica di Firenze, a seguito dell’acquisizione, da parte di quest’ultima, delle comunicazioni del senatore Renzi senza previa autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare. La prima questione, attinente alla ammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzioni, trova una risposta scontata da parte della Consulta, poiché sia il Senato che il pubblico ministero rientrano nella nozione di potere dello Stato prevista dalla legge. Piuttosto, l’aspetto di maggior interesse della sentenza è collegato alla seconda questione che riguarda l’inquadramento giuridico dello scambio di messaggi elettronici, in particolare della messaggistica che intercorre tramite WhatsApp, nella categoria della libertà di corrispondenza sancita negli artt. 15 e 68, terzo comma della Costituzione. E-mail, messaggi e WhatsApp sono senza ombra di dubbio riconducibili al concetto di corrispondenza, essendo del tutto assimilabili alla tradizionale e sempre più ridotta comunicazione epistolare, come lettere e biglietti chiusi.

Superando una opinabile ricostruzione della giurisprudenza, la Corte afferma che alle nuove forme di comunicazione tecnologica si applicano le garanzie costituzionali previste per la corrispondenza. Invero, il messaggio comunicativo non cessa di essere riservato neanche dopo che il destinatario ne abbia preso conoscenza e va preservato da occhi indiscreti fin quando rimane nella memoria dei dispositivi elettronici del destinatario stesso e del mittente. Infatti, la protezione costituzionale della segretezza di comunicazione non si conclude con la ricezione del messaggio, ma si protrae nel tempo fin tanto che il mittente e il destinatario lo considerano attuale. Del resto, osserva ancora la Corte, se l’acquisizione di dati esteriori di comunicazioni già avvenute, quali quelli memorizzati in un tabulato telefonico, risulta coperta dalla garanzia costituzionale della libertà e della segretezza, a maggior ragione è impensabile che non ne fruisca il sequestro di messaggi elettronici, anche se già recapitati al destinatario, operazione che apre squarci di conoscenza ben più intrusiva sulla vita delle persone.

Se tale protezione vale per tutti i cittadini, nel caso esaminato dalla Consulta si discute di comunicazioni di un membro del Parlamento, rispetto alle quali vengono in rilievo specifiche e ulteriori tutele costituzionali. La Corte richiama in proposito una sua precedente sentenza, la n. 390 del 2007, nel punto in cui chiarisce il significato dell’art. 68 della Costituzione, quale norma strumentale alla salvaguardia delle funzioni parlamentari e destinata ad evitare che intercettazioni e sequestri di corrispondenza siano indebitamente finalizzati ad incidere sul mandato elettivo, divenendo fonti di condizionamenti e pressioni sulla libera esplicazione dell’attività.

Tale lettura trova conferma nell’interpretazione offerta dalla Corte Edu della nozione di corrispondenza non limitata al momento del flusso, ma estesa anche alla posta elettronica e alla messaggistica istantanea già ricevute dal destinatario. La tutela perdura dopo l’apertura del messaggio che rimane comunicazione protetta e non degrada a semplice documento, cessando di essere tale solo quando quest’ultima perde di attualità per decorso del tempo, assumendo un valore affettivo, storico o collezionistico. Perché spiegano i giudici, degradare la comunicazione quando non è più in itinere a mero documento significherebbe azzerare la protezione costituzionale della comunicazione operata tramite posta elettronica e messaggistica istantanea. Ciò che caratterizza la comunicazione digitale, con la copertura di rete internet, è proprio l’immediatezza tra invio e ricezione, senza che intercorra uno iato temporale apprezzabile.

La pronuncia della Consulta segna un punto di svolta importante: aprendo il testo costituzionale alla emersione di ogni strumento che il mondo digitale mette a disposizione a fini comunicativi, sconosciuti al momento in cui la Costituzione è stata scritta. Proprio la stretta attinenza tra libertà e segretezza della comunicazione “al nucleo essenziale dei valori della personalità impone di conferire a tale libertà un significato espansivo, che consente di riconoscere alla persona quello spazio vitale senza il quale questa non può svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana”.