Editoriale

Quell’azzurro che emoziona da oltre un secolo

Ci sono anniversari importanti che a causa della pandemia rischiano di passare in secondo piano. Uno di quelli che forse ci è spiaciuto non celebrare come avrebbe certamente meritato sono i 110 anni della maglia azzurra. Da un secolo e dieci anni, infatti, gli atleti italiani si chiamano in tutto il mondo “azzurri”. E questo è dovuto alla scelta – avvenuta il 6 gennaio del 1911 – di disputare la partita di calcio Italia-Ungheria all’Arena di Milano proprio con una casacca di colore azzurro.

La maglia azzurra ha per gli italiani una duplice valore. Il primo è evocativo. Vengono in mente i quattro mondiali di calcio vinti nella storia della competizione: la coppa Rimet conquistata dagli azzurri di Vittorio Pozzo nel 1934 e nel 1938, e la coppa Fifa conquistata in tempi più recenti da ragazzi di Bearzot nel 1982 e da quelli di Lippi nel 2006. Ma sono azzurri anche i trionfi di tutte le nostre glorie sportive: erano azzurri Pietro Mennea e Sara Simeoni, i fratelli Abbagnale, Moser e Saronni ai mondiali e tanti altri atleti italiani che si sono coperti di gloria sportiva. I grandi campioni, anche se legati fortemente ai propri club di appartenenza, hanno sempre manifestato un debole per la maglia azzurra.

Paolo Rossi, che ci ha lasciato appena un mese fa, ad esempio, considerava la sua foto più bella quella che lo ritraeva in maglia azzurra e con le braccia alzate dopo un gol ai mondiali. L’altro valore che gli italiani riconoscono a quella maglia è che tutti noi associamo all’azzurro un forte sentimento di unità nei valori comuni. Lo ha spiegato bene il presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio Gabriele Gravina, per il quale l’azzurro “rappresenta emozione e condivisione”. Si tratta esattamente dei due piani di cui abbiamo parlato: la sua capacità di evocare ricordi e passioni, ed anche il senso di valori importanti. “E’ il sogno di amicizia – ha scritto ancora Gravina – che supera i confini di un campo di calcio per unire un Paese intero”. Sottoscriviamo in pieno, con la speranza di gioire ed emozionarci ancora per quell’azzurro italiano. Perchè – ed è questa la terza “qualità” di quella maglietta azzurra – si tratta di un simbolo che non è soltanto rivolto al passato ma vive ancora nel presente ed alimenta sogni di futuro.

Susanna Lemma

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