Gli argomenti chiave che Meloni porterà a Bruxelles

Giorgia Meloni e Von der Leyen
Il Presidente del Consiglio e il Presidente della Commissione Europea visitano le zone alluvionate dell’Emilia Romagna / foto Ufficio Stampa Commissione Europea/Image nella foto: Ursula von der Leyen-Giorgia Meloni

Dal Mes all’operato della Bce sull’annunciato rialzo dei tassi d’interesse, passando per il nodo dell’immigrazione e il tema della guerra in Ucraina, senza perdere di vista il capitolo del Pnrr e il rapporto con la Cina. Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo di Bruxelles in agenda oggi e domani, nelle comunicazioni alla Camera e al Senato ha puntato su questi argomenti, ribadendo la sua posizione, in particolare il convincimento di come sia necessario muoversi “negli interessi dell’Italia”.

Per ribadire il concetto la premier cita l’ex Cancelliere tedesco, Helmut Kohl, “non guardo i sondaggi, ma ai dati economici e a quello che è necessario” per il Paese. Un passaggio significativo, quello della Meloni, perché la lezione dell’esponente tedesco, troppo in fretta dimenticato, oggi è di straordinaria attualità. Star dietro ai sondaggi significherebbe assecondare le derive catastrofiste, intrise di un pessimismo del tutto ingiustificato. Solo e soltanto osservando attentamente la realtà ci si rende conto di come il momento sia particolare, ma non difficile. Anzi, diciamo pure complesso, considerando tutte le sue dinamiche, ma non maledettamente complicato. Ovviamente l’opposizione fa il suo mestiere, incalzando la premier su tutti i dossier sul tavolo, ma la Meloni, determinata come non mai, risponde ad ogni attacco. Il Mes? “Non cambio idea, ma lo voglio dire con serenità, ma anche con chiarezza, non reputo utile all’Italia alimentare in questa fase una polemica interna. Ha senso che procediamo a una ratifica senza conoscere il contesto?”.

L’obiettivo è portare avanti “un approccio a pacchetto”, sulle partite legate alle nuove regole del Patto di stabilità e al completamento dell’Unione bancaria, “da una parte si dice che noi non dobbiamo tornare ai vecchi parametri del patto di stabilità e dall’altra si chiede di ratificare un trattato che prevede i vecchi parametri del patto di stabilità”. Ed ancora: “Ho detto che sono finite le politiche di austerità, ma non significa che non bisogna essere seri all’estero”.

Nell’agenda del Consiglio Ue – discussa anche al Quirinale con il Capo dello Stato, Sergio Mattarella – ci sono i dossier legati alla guerra in Ucraina, ai temi legati alla sicurezza e difesa, al rapporto con la Cina e soprattutto il tema immigrazione. Il Capo dell’esecutivo sottolinea che c’è un cambio di passo nel confronto con la Ue. “Proponevano che gli Stati che dovessero rifiutare i ricollocamenti dei migranti pagassero quelli che dovevano ricollocare i migranti. Ma io non avrei mai accettato di essere pagata per trasformare l’Italia nel campo profughi d’Europa. Quello che abbiamo chiesto e ottenuto è che quelle risorse alimentino invece un fondo per difendere i confini esterni. Non per gestire l’immigrazione illegale, ma per contrastarla”.

Ovviamente c’è chi non manca di far notare come l’Ungheria abbia votato contro il patto di migrazione e asilo. Un aspetto non secondario. Però, nella visione di Giorgia, “la politica non si legge con una lente così schematica. All’interno del Consiglio europeo le alleanze sono variabili perché si saldano sulla difesa degli interessi nazionali. E’ questo il modo giusto di perseguire la politica nazionale”. E poi c’è il capitolo della Via della Seta. “Valutazioni in corso. Non accelererei, il tema è delicato”, afferma la premier mostrando cautela e buonsenso.

E poi il Pnrr. “Mi fa specie che ci siano quelli che se la prendono con l’attuale governo, mi fa specie anche che lo faccia il commissario Gentiloni, che il piano mi immagino lo avesse letto prima”. Ed ancora: “Vi rendete conto di quanto sarebbe grave chiedere un intervento esterno bloccando all’Italia le sue risorse e i suoi diritti semplicemente perché non si è in grado di battere questo governo facendo opposizione”.

Confermato, invece, il sostegno all’Ucraina. “Io credo che il modo più serio, al di là della propaganda, per favorire una pace sia mantenere un equilibrio tra le forze in campo. Se non avessimo aiutato Kiev ci sarebbe stata una invasione. De Masi, il filosofo di riferimento M5s, dice ‘meglio vivere sotto una dittatura che morire’? Io penso che dobbiamo lavorare perché le persone devono vivere libere”. Ma l’affondo più deciso è sull’operato della Bce: “Nessuno ne contesta l’autonomia ma la politica serve per dare il proprio punto di vista”. E quello del presidente del Consiglio è critico: “La semplicistica ricetta dell’aumento dei tassi intrapresa dalla Bce non appare agli occhi di molti la strada più’ corretta, il rischio che l’aumento costante dei tassi sia una cura più dannosa della malattia”.

Dunque il quadro d’insieme della Meloni, tratteggiato nei suoi interventi in Aula, è sostanzialmente chiaro, pur nella consapevolezza del fatto che all’interno della maggioranza, la Lega in particolare, non vi sia quella granitica unità d’intenti. Di distinguo e micro tensioni sembra alimentari questo governo, pur mostrando i nervi tesi e i volti scossi. Senza girarci troppo intorno il caso Santanchè pesa eccome, anche se la Meloni al Consiglio europeo avrà modo di scordarsene per un po’. Toccherà ad altri provare a sminare il campo, sapendo bene quanto sia pesante la sfida europea. L’accordo con la Tunisia che latita, la Polonia e l’Ungheria pronte a rompere nuovamente l’unità sulla dimensione interna e sui fondi che Ursula von der Leyen ha promesso nell’ambito della revisione del bilancio comunitario non sono delle semplici pedine sulla scacchiere ma i tasselli del mosaico da comporre. E al Consiglio europeo c’è il rischio che sul dossier migranti si faccia molto tardi. E la Meloni lo sa, chissà se lo sanno anche gli alleati e i ministri traballanti. Contano i risultati europei, non quelli dell’orto di casa.