Perché i guariti sono la migliore arma che abbiamo per combattere il coronavirus

Si chiama "immunizzazione passiva" ed è stata usata anche per la Sars. Una soluzione necessaria per far fronte all'emergenza della pandemia da Covid-19

Mentre tutto il mondo resta in emergenza per combattere il temuto Sars CoV2, il virus della pandemia Covid-19, gli scienziati guardano ai guariti. Ieri in Italia si è registrato un record: 1.084 negativizzati in un solo giorno! Ora il loro sangue è una preziosa fonte di informazioni per gli studiosi perché non solo potrebbe proteggere i soggetti a rischio, ma anche rallentare il contagio.

Immunizzazione passiva

Ne sono convinti i ricercatori della John Hopkins School of Public Health che, in uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, ritengono sia un valido modo di proteggere l’uomo. Il processo è noto con il nome di immunizzazione passiva e prevede l’iniezione, nel paziente malato, di anticorpi di un paziente guarito, con l’auspicio che questo possa rallentare la propagazione del Covid-19 e ridurre le infiammazioni collaterali. Non si tratta di un metodo rivoluzionario, visto che è stato utilizzato in passato per curare il morbillo, l’influenza e la poliomelite.

Come funziona

Il procedimento è abbastanza semplice. È necessario che i pazienti guariti dal Covid-19 donino subito il loro sangue: questo perché, nelle fasi susseguenti la guarigione, il sangue è pieno di anticorpi prodotti dall’organismo per combattere il virus. Un veloce trattamento del sangue per escludere la presenza di altri patogeni e il siero sanguigno è pronto per essere iniettato in un potenziale contagiato. In questo modo – sostengono i ricercatori – si ridurrebbe la possibilità, per chi lavora a stretto contatto con i malati, di contrarre il virus. Un’ottima soluzione per gestire un’emergenza di non poco conto prima che sia pronto un vaccino idoneo.