Grave episodio di violenza a Buenos Aires, dove il rabbino capo in Argentina, Gabriel Davidovich, è stato assalito e brutalmente picchiato nella sua casa, sita proprio nella capitale. Il gruppo, composto da sconosciuti, ha fatto irruzione nell'appartamento e, dopo averlo ripetutamente percosso, gli avrebbe detto di essere a conoscenza della sua identità e del suo ruolo di capo della comunità ebraica nonché di rabbino dell'Amia. Apparentemente si è trattato di un'aggressione a scopo di rapina, visto che i criminali hanno ripulito l'appartamento portando via denaro e oggetti preziosi, ed è in questo senso che procedono le indagini delle autorità argentine. La questione, tuttavia, è stata fin da subito additata dalle comunità ebraiche come un atto di violenza antisemita, rimbalzando velocemente fino in Israele e arrivando a indignare lo stesso premier Benyamin Netanyahu che, nel commentare l'accaduto, ha affermato che “non possiamo permettere all'antisemitismo di rialzare la testa”.
Davidovich è stato picchiato davanti a sua moglie e ha riportato fratture sparse alle costole. Ora è ricoverato in terapia intensiva in un ospedale di Buenos Aires. A riferire delle parole degli aggressori riferite all'Amia, l'associazione ebraica dell'Argentina, è stato il rabbino del Messico, Shlomo Tawil, il quale sarebbe riuscito a contattare Davidovich poco prima che questi entrasse nel reparto ospedaliero. Un riferimento, quello all'Amia, che non sarebbe casuale secondo la comunità ebraica, in quanto il nome richiama a un grave attentato avvenuto nel 1994, quando la sede di Buenos Aires venne assalita con un attacco dinamitardo, provocando la morte di 85 persone. Un episodio che è considerato il più grave attacco antisemita mai avvenuto in America Latina. Il sospetto avanzato da Israele, è che dietro l'aggressione del rabbino si celi l'Hezbollah del Libano, coadiuvato dai servizi segreti iraniani. Al momento, però, le indagini delle Forze dell'ordine proseguono sul terreno dell'aggressione a scopo di rapina e della criminalità comune. Per ora nessuna incriminazione.
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