Impossibilità di risalire al movente, identificare gli esecutori materiali degli omicidi e nessuna prova di presunti depistaggi. Sono queste le motivazioni che hanno spinto la Procura di Roma a chiedere l’archiviazione dell’indagine sulla morte dell’inviata del Tg3 Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, assassinati il 20 marzo 1994 in un agguato a Mogadiscio, in Somalia.
Nelle 80 pagine di provvedimento – presentate dal pm Elisabetta Cennicola, previo visto del procuratore Giusepe Pignatone – che sarà ora vagliato dal gip, si spiega non solo che non è stato possibile attivare una serie di accertamenti in Somalia ma anche che l’unico condannato di questa vicenda, il presunto miliziano somalo Omar Hashi Hassan, è stato assolto a Perugia nel processo di revisione che ha messo in luce una serie di anomalie nella gestione di quello che per anni è stato considerato il “supertestimone“, rivelatosi poi falso, Ahmed Ali Rage, detto Gelle.
Proprio Rage, durante le indagini preliminari, tirò in ballo Hassan, accusandolo di aver fatto fuoco contro i due italiani e poi alla fine del 1997 sparì dalla circolazione ben prima che il processo avesse inizio. Rage, rintracciato poi in Inghilterra da una cronista del programma tv “Chi l’ha visto?” pochi anni fa, ha ammesso di non essere mai stato sul luogo dell’agguato e di aver coinvolto Hassan, in cambio di benefici, solo perché “gli italiani avevano fretta di chiudere il caso”. Il somalo, dichiarò che in cambio della sua testimonianza ottenne la promessa che avrebbe lasciato la Somalia. In base agli accertamenti svolti – che hanno comportato l’audizione di tutti coloro che gestirono quello che poi si rivelò un falso testimone, non sono emersi elementi che possano far pensare a un depistaggio.
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