Vittime di mafia, il dovere della memoria

Civili, magistrati, poliziotti, giornalisti: le vittime della mafia sono coloro che ne sono rimasti uccisi. Ma anche chi ne ha subito le violenze

Vittime mafia
Foto © InTerris

Ricordare, come dovere civico e di coscienza. Concetto valido per qualsiasi aspetto della storia di un Paese. Ancora di più se la memoria riguardasse chi, con il semplice operato quotidiano, ha contribuito a indicare alla società la via giusta per svincolarsi dalla tagliola della criminalità organizzata. Perché combattere la mafia significa, innanzitutto, agire secondo una logica di legalità che affonda le proprie radici nel vivere di ogni giorno. Soprattutto in quei contesti in cui le organizzazioni criminali di stampo mafioso traggono la loro linfa, soggiogando giovani e meno giovani con la falsa illusione che una vita assoggettata a un potere occulto e violento possa essere la risposta ai disagi sociali. La Giornata dedicata alle vittime delle mafie punta innanzitutto a questo: dimostrare che la via della legalità non è solo un’alternativa possibile ma quella reale. L’unica davvero in grado di sconfiggere le mafie.

Vittime di mafia, il ricordo

Sono spesso i nomi delle vittime più illustri a raggiungere le cronache. Ma la storia, recente e meno recente, del nostro Paese, ha visto distendersi negli anni una scia di sangue che, fin troppo spesso, ha coinvolto persone innocenti. Imprenditori, come Libero Grassi, reo di aver resistito al giogo del pizzo. Oppure giornalisti, come Mario Francese, puniti per il loro coraggio. Per finire a madri come Maria Chindamo, che ha resistito alle pressioni criminali sulla sua libertà di donna e imprenditrice, ma anche a sacerdoti, come don Pino Puglisi, martirizzati per il loro impegno nel mostrare ai giovani la vita vera, autentica, lontano dalle false promesse, promuovendo un reale impegno civico per la riedificazione sociale e culturale dei propri quartieri.

Non disperdere la memoria

Del resto, per far sì che memoria non sia una mera (ed effimera) parola, c’è bisogno di costruire un nuovo mandato sociale. Basato sull’impegno dei cittadini del domani, affinché riconoscano la legalità come fonte di vita piuttosto che di limite: “La memoria non va dispersa – ha detto a Interris.it l’ex magistrato Giuseppe Ayala -. Anzi, ci aiuta a leggere il presente e sviluppare il futuro. La legalità deve essere protagonista pe la formazione dei giovani. Occorre diffondere presso gli studenti l’importanza e la sensibilità sulla cultura del rispetto delle leggi”.

Esempi di legalità

Non di rado, è proprio nei contesti più difficili che possono nascere esempi virtuosi. Tanto per dimostrare quanto sia la spinta dal basso a far vacillare le criminalità organizzate, rimuovendo quel bacino di materiale umano dal quale attingono, alimentandone disillusioni e disagio sociale. In questo senso, “ogni iniziativa che serve a tenere viva la memoria di vittime di queste forme di criminalità sono meritorie – ha spiegato ancora Ayala -. Poi, per me che ho memoria lunga, è segnale di sensibilità sociale, specie per i giovani sui  quali scommettere. La legalità deve essere protagonista pe la formazione dei giovani. Diffondere presso gli studenti l’importanza e la sensibilità sulla cultura della legalità è fondamentale”.

Scala della legalità Tor bella Monaca
Foto © InTerris

Un’iniziativa contro la mafia

Solo pochi giorni fa, ad esempio, il quartiere romano di Tor Bella Monaca ha deciso di lanciare un segnale importante in direzione dell’auspicata conciliazione tra cultura della legalità e periferie. Le scale che da Via Amico Aspertini salgono verso il Municipio VI, sono state infatti colorate, gradino per gradino, indicando su ognuno il nome di una illustre vittima delle mafie. Un messaggio di impegno civile, nel cuore di una fra le zone più soggette all’azione criminale della Capitale e a due passi da un importante sede liceale. “Prima non si facevano iniziative di questo tipo. Ci si è resi conto che la mafia non è un fenomeno che riguarda solo la Sicilia ma tutto il Paese. Ed è doveroso nei confronti delle vittime”. La memoria, infatti,  “non va dispersa, ci aiuta a leggere il presente e disperdere il futuro. Ogni iniziativa che serve a tenere viva la memoria di vittime di queste forme di criminalità sono importanti”.

Scala della legalità Tor bella Monaca
Foto © InTerris

Legalità, scelta etica e pragmatica

A patto, chiaramente, che si forniscano ai giovani gli adeguati strumenti di conoscenza. Perché è chiaro che l’iniziativa da sola, in sé, non basta: “Troppi pezzi del Paese – ha spiegato il magistrato – di fronte all’illegalità, non hanno la reazione che dovrebbero avere, per tanti ragioni. Quando si parla di legalità si pensa a una scelta di tipo etico ma la legalità conviene sul piano pragmatico. Se si contrastassero efficacemente evasione fiscale e corruzione, ad esempio, ogni governo disporrebbe di risorse da reinvestire per il miglioramento dei servizi sociali”.

Memoria e conoscenza

Raccontare è indispensabile. Tanto quanto il dovere di ricordare. Perché è necessario che memoria e coscienza vadano di paro passo: “Più ripenso al cammino del Paese, più mi rendo conto che il nodo fondamentale sia sempre stato la legalità. C’è stata, purtroppo, una sottovalutazione del problema. Si può recuperare proprio attraverso scuola e università, educando al rispetto delle regole”. Un primo ma cruciale passo. Perché tutto comincia dalle cose semplici. E vivere una vita coltivando speranze, piuttosto che abbandonarle per percorrere una strada deviata, è certamente una di queste.