Ciad e Sudan: le frontiere della fame

Africa prima destinataria degli interventi di cooperazione italiana. Destinati 8 milioni a Mozambico, Sudan e Burkina Faso. 2,5 alla Tunisia

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La formazione del personale sanitario locale (© Progetto “Sanità Italia – Ciad”)
Emergenza Sudan e Ciad.  Il Programma alimentare mondiale (Pam) è la più grande organizzazione umanitaria impegnata nella lotta per sradicare la fame e la malnutrizione nel mondo. Gli aiuti alimentari a 1,4 milioni di persone in Ciad, tra le quali i rifugiati in fuga dalle violenze nella regione sudanese del Darfur, termineranno a gennaio a causa della mancanza di fondi. E’ l’allarme lanciato dal Programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam/Wfp). Le scarse risorse finanziarie e l’aumento dei bisogni umanitari hanno già costretto il Pam a sospendere l’assistenza agli sfollati interni. E ai rifugiati provenienti da Nigeria, Repubblica Centrafricana e Camerun a partire da dicembre. Da gennaio questi tagli si estenderanno alle persone in crisi in Ciad, continua. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), più di 540 mila rifugiati sono passati dal Sudan al Ciad dallo scoppio della guerra – avvenuto lo scorso 15 aprile – tra l’esercito sudanese e le forze paramilitari. Sudan

In fuga dal Sudan

Molti sono fuggiti dal Darfur occidentale, dove la violenza etnica e le uccisioni di massa sono scoppiate di nuovo questo mese nella capitale dello Stato, el Geneina. Spingendo altre migliaia di persone a scappare. Il Pam ha annunciato di aver bisogno di 185 milioni di dollari per sostenere la popolazione del Ciad nei prossimi sei mesi. Da tempo si lamenta che non c’è abbastanza interesse internazionale per la crisi e che i fondi sono insufficienti. “Il Darfur si sta rapidamente trasformando in una calamità umanitaria”, ha avvertito a giugno Martin Griffiths. Sottosegretario generale dell’Onu per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza. “Il mondo non può permettere che questo accada. Non di nuovo”, ha aggiunto. L’Africa è la principale destinataria degli interventi di cooperazione allo sviluppo dell’Italia. Con un focus sui settori della sicurezza alimentare, della salute, dell’istruzione e della formazione volta all’inserimento professionale. La riunione del comitato congiunto per la cooperazione è stata presieduta dal vice ministro degli Esteri, Edmondo Cirielli. Sono stati stanziati 8 milioni di contributi a dono rivolti al continente africano per Mozambico, Sudan e Burkina Faso.
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Filiera in tilt

È stato inoltre disposto un incremento delle risorse a valere sulla programmazione del 2023 destinate alla Tunisia, Paese prioritario della Cooperazione italiana, pari a 2,5 milioni. Il comitato ha anche approvato un aggiornamento della programmazione 2023, che renderà possibile trasferire risorse dal canale dei progetti di sviluppo verso quello degli interventi d’emergenza. Con particolare focus sulla mitigazione degli effetti della guerra sui civili ucraini e palestinesi. Per l’area balcanica è stato poi deliberato un contributo di 2 milioni di euro. Per il rafforzamento delle capacità di preparazione e risposta alle catastrofi in Bosnia Erzegovina. Infine, il Comitato ha espresso parere favorevole in merito a due iniziative proposte da Cassa Depositi e Prestiti. E cioè il finanziamento, tramite la Banca di Sviluppo dell’Africa Occidentale, di progettualità collegate alla filiera agricola e agro-alimentare. E il rifinanziamento di una linea di credito in America Latina e Caraibi, A sostegno di investimenti nel settore ambientale e del contrasto al cambiamento climatico. Per l’escalation della crisi umanitaria in Sudan negli ultimi sette mesi, nel Darfur almeno 5 milioni di bambini si trovano ad affrontare “un’estrema privazione dei loro diritti e rischi di protezione a causa del conflitto in corso”, denuncia l’Onu.
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Foto: UNICEF

Allarme Darfur

“Dallo scoppio della guerra, il 15 aprile, sono state denunciate oltre 3.130 violazioni gravi dei diritti dell’infanzia nel Paese, di cui almeno la metà nella regione del Darfur. Questa è solo la punta dell’iceberg. Con importanti dati sottostimati a causa dei blackout delle comunicazioni e della mancanza di accesso”, riferisce l’Unicef. “Il Sudan – e il Darfur in particolare – è diventato un inferno per milioni di bambini, con migliaia di persone prese di mira per motivi etnici, uccise, ferite, abusate e sfruttate. Tutto questo deve finire”, racconta Catherine Russell. Aggiunge la direttrice generale dell’Unicef. “I bambini continuano a subire nuove violenze. Mentre i loro genitori e nonni portano ancora le cicatrici di precedenti cicli di violenza. Non possiamo permettere che questo accada ancora una volta. Tutte le parti in conflitto devono rispettare il diritto internazionale. E proteggere i bambini e i civili. I bambini hanno bisogno di pace”. Il numero di gravi violazioni dei diritti dell’infanzia denunciate in Darfur ha registrato un’impennata del 550% rispetto al numero verificato in tutto il 2022. Di tutti gli episodi di uccisione e mutilazione riportati in tutto il Sudan, per il 51% riguarda bambini del Darfur. Inoltre, il 48% dei casi di violenza sessuale denunciati in Sudan si verifica in Darfur. 
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Escalation di violenze

L’Unicef  continua a ricevere notizie inquietanti sul reclutamento e l’utilizzo di bambini. Oltre ai molteplici livelli di violenza, più di 1,2 milioni di bambini sotto i cinque anni negli Stati del Darfur soffrono di malnutrizione acuta, di cui 218.000 sono colpiti da malnutrizione acuta grave, la forma più letale. Senza cure urgenti e servizi salvavita, sono ad alto rischio di morte. La recente recrudescenza dei combattimenti ha portato anche a un significativo sfollamento nella regione. Con 1,7 milioni di nuovi sfollati interni (Idp) nel Darfur, quasi il 40% del totale dei casi nel Paese. Quasi la metà di loro sono bambini. I bambini sfollati sono esposti a maggiori rischi di abuso, violenza, sfruttamento e separazione da chi si prende cura di loro. “I servizi vitali in Darfur, tra cui l’assistenza e la protezione sanitaria, si sono sgretolati. A causa dell’accesso ostacolato, dei saccheggi e della mancanza di risorse finanziarie. Ulteriormente sgravati dagli attacchi agli operatori in prima linea. Infermieri, insegnanti, medici e operatori sociali non vengono pagati da mesi e le infrastrutture essenziali, come i sistemi idrici e igienici e gli ospedali, sono state danneggiate o esaurite. Nel mezzo del conflitto incessante, che va ben oltre la devastazione immediata e la perdita di vite umane, una generazione di bambini del Darfur rischia di perdere il diritto all’istruzione. Con quasi tutte le 4.000 scuole ufficiali della regione chiuse.
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Foto: UNICEF

Appello Unicef

L’Unicef, in collaborazione con i partner, ha consegnato forniture salvavita in Darfur. Con il sostegno degli operatori in prima linea. E ha mantenuto le infrastrutture di base con l’obiettivo di fornire servizi critici. Per la salute, la nutrizione, l’acqua, i servizi igienici, l’apprendimento e la protezione a 2,2 milioni di bambini e familiari. “Tuttavia è necessario fare di più”: l’Unicef si rivolge alla comunità internazionale. E lancia l’appello “ad accelerare i finanziamenti per i servizi essenziali salvavita e di resilienza. E a raddoppiare il sostegno per un accesso senza ostacoli. E’ necessario un immediato cessate il fuoco umanitario. L’Unicef ribadisce l’invito a tutte le parti coinvolte nel conflitto a rispettare le leggi internazionali in materia umanitaria e di diritti umani. A porre fine alle gravi violazioni dei diritti dei bambini. A garantire un accesso libero. A rimuovere gli impedimenti burocratici che limitano la velocità e la portata necessarie per raggiungere i milioni di bambini e famiglie vulnerabili in tutto il Sudan