Una vita al servizio dello Stato illuminata dalla fede

Giuseppe Mario Scalia, una vita in cui la carriera da Prefetto della Repubblica è sempre stata coniugata con quella di Missionario della Carità all'insegna dell'ascolto, dell'empatia e dell'altruismo

I Prefetti della Repubblica rappresentano la più alta carica dello Stato in ogni provincia, essi lavorano alacremente dietro le quinte senza beneficiare di grande visibilità mediatica per via di una delle prerogative che li denota da sempre: il dovere essere sempre imparziali. Il Prefetto si occupa di molteplici tematiche, quali ad esempio: la sicurezza, immigrazione, l’ordine pubblico in ogni sua declinazione in sinergia con i Questori e con tutte le Forze dell’Ordine, l’attività ispettiva all’interno dei comuni e, in caso di qualsiasi emergenza e calamità, presiede con le altre istituzioni deputate gli appositi comitati di crisi. In genere, per una questione di rispetto verso le istituzioni della Repubblica, si tende ancora chiamare il Prefetto Sua Eccellenza. Questo appellativo, dagli albori dell’Unità d’Italia ad oggi, ha messo in risalto l’incommensurabile importanza della figura e del ruolo del massimo rappresentante dello Stato in ogni provincia. In Terris ha avuto oggi l’onore di intervistare Giuseppe Mario Scalia, Prefetto della Repubblica in quiescenza che, nel corso della sua carriera, ha fatto del suo incarico una vera e propria missione di vita, sapendo coniugare egregiamente la figura del massimo rappresentante delle istituzioni con quella di Missionario della Carità, sempre all’insegna dell’ascolto, dell’empatia e dell’altruismo. Egli è nato nel 1954 ad Acireale in provincia di Catania, si laurea in Economia e Commercio ed accede all’amministrazione civile del Ministero dell’Interno nel 1979 venendo assegnato al dipartimento della pubblica sicurezza, presta quindi servizio presso la Direzione Centrale dei Servizi Tecnico Logistici e della Gestione Patrimoniale – servizio accasermamento Forze di Polizia. Il 1° ottobre 1990 viene trasferito all’Ufficio Centrale per i problemi delle zone di confine e delle minoranze etniche, oggi Direzione Centrale per i Diritti Civili, la cittadinanza e le minoranze. Da questa esperienza professionale è scaturito il volume intitolato La tutela delle minoranze linguistiche con prefazione curata dal Prefetto Enzo Mosino. Il 28 aprile 2006 è trasferito al Dipartimento per le Libertà Civili e L’immigrazione – Direzione Centrale per l’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto – con l’incarico di Capo Ufficio Pianificazione Affari Generali del F.E.C. Il 1° settembre 2009 viene nominato Prefetto e riassume la funzione di Presidente della Commissione di Coordinamento per la Valle d’Aosta. Dal 22 febbraio 2016 al 31 marzo 2019, fino al pensionamento per raggiunti limiti di età, svolge le funzioni di Prefetto di Sondrio. Nel corso degli anni ha svolto e svolge attività missionaria, essendo volontario da molti anni delle Missionarie della Carità, ordine fondato da Madre Teresa di Calcutta. Svolge inoltre attività di libero docente presso molte università italiane a titolo gratuito.

-Quali momenti della sua vita al servizio dello Stato ricorda con maggiore gratitudine?

“Ricordarne soltanto alcuni perché importanti – come la ricorrenza dei 30 anni trascorsi dall’alluvione che colpì la Valtellina nel luglio 1987 e causò 53 morti e più di 200 feriti e la campagna di educazione stradale intitolata La Voce di Daniele – rivolta ai giovani delle scuole di istruzione secondaria in ricordo di Daniele, un giovane ragazzo di 17 anni che ha perso la vita a seguito di un tragico incidente stradale; ciò ha consentito di diffondere tra i giovani il rispetto per la Vita e la cultura della sicurezza attraverso una pregnante opera di sensibilizzazione – può apparire discriminatorio. Mentre invece risulta significativo ricordare le sensazioni interiori che pervadevano il mio intimo ed il mio cuore che ne era profondamente toccato in quanto, questi momenti, si tramutavano in benefici per il Cittadino e le Istituzioni: mi ero prefissato di ricercare il bene a tutti i costi e se l’intimo non era soddisfatto, la sera, nel mio breve esame di coscienza e con l’aiuto del mio Angelo Custode, pianificavo l’integrazione per riparare”.

-In che maniera la sua Fede l’ha aiutata e guidata nei momenti più difficili della Sua carriera?

“Nei momenti più difficili ricorrevo e mi rivolgevo, con delle brevi giaculatorie, alla nostra cara Mammina Celeste. Ve ne era una che ho sempre prediletto e che mi forniva di scatto una grande energia: “Ave Maria e coraggio” ed aggiungo che in questi momenti critici il mio sostegno poggiava sull’obbedienza alla Divina Provvidenza ovvero sull’abbandono totale di me stesso e delle mie facoltà a Gesù per mezzo dell’ Immacolata. Padre Pio ha detto: “fai bene e non cominciare mai nessuna opera senza aver prima implorato l’aiuto divino” questo prezioso invito l’ho fatto proprio in quasi tutte le mie azioni per esempio, prima di iniziare a presiedere un impegnativo comitato per l’ordine e la sicurezza, mi rivolgevo a Gesù e a Maria pregandoli di guidarmi e quasi sempre uscivo dalla sala riunioni soddisfatto, lodandoli”.

 –Madre Teresa di Calcutta rappresenta un momento importantissimo ed imprescindibile nel suo percorso di fede, ce lo racconti.

“L’incontro o meglio, i vari incontri, con Madre Teresa di Calcutta, sono stati le spinte ad amare Gesù con profondità, attraverso la devozione all’Immacolata. La medaglia miracolosa mi ha portato a divenire un Cavaliere dell’immacolata, indegno perché sono caduto molte volte ma le mani di Maria mi hanno rialzato e guidato. Quei momenti di ripresa e risurrezione li ricordo con gioia, una gioia indescrivibile perché Maria ha tutto, ti calma, ti rasserena, ti fa bene al cuore e poi gli occhi della Mammina Celeste ti inebriano: sono la porta di Dio”.

-Recentemente ha scritto un libro sulla Vergine Maria dal titolo Una Mamma chiamata Maria con prefazione del Cardinal Comastri, cosa l’ha portata alla scrittura di questo testo?

“La pandemia mi ha colpito, come tutti, indebolendo lo spirito ma la nostra cara Mammina Celeste che ha un Cuore di Madre mi ha governato ed ispirato nella stesura di questo modesto libro, che spero potrà essere letto da molti giovani”.

-Quale messaggio vorrebbe lanciare alle giovani generazioni?

“Il mio invito ai giovani è il seguente: andate alla scoperta di Maria ed in lei troverete ed attingerete una forza ed una energia potentissima che vi condurrà in lidi meravigliosi ed in primavere di luce perenni. In seconda istanza vorrei esortare i giovani ad essere altruisti e predisposti all’ascolto nei confronti del prossimo seguendo l’insegnamento di Madre Teresa di Calcutta la quale era solita dire: Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore”.