Perennials: caratteristiche, stile di vita, etica sociale

Ecco cosa indica il termine "perennials", un neologismo inventato da Gina Pell, imprenditrice digitale

Il termine “perennials” indica una generazione senza vincoli di età e di limiti spaziali in cui, con spirito aperto, critico e costruttivo, si intende vivere serenamente, al di là delle mode e degli steccati ideologici. Accanto alle svariate definizioni delle nuove (e precedenti) generazioni, quali i millennials e i baby boomers, si assiste, quindi, a una del tutto nuova. Ne fanno parte coloro per i quali gli anni non sono un vincolo ostativo (per sé e per il prossimo). Non vi è una data di nascita di ammissione né di espulsione. Si è “perenni” per l’apertura mentale, culturale e anagrafica, vissuta con il giusto e sano approccio, senza illudersi di essere eterni e di sconfinare in atteggiamenti infantili e, soprattutto, privi della pretesa di essere la generazione migliore, quella che affossa la precedente e indottrina la successiva.

Nel suo significato più puro, si riferisce a un’osmosi temporale e cronologica, senza che ci siano scompensi e atteggiamenti impropri dell’età posseduta. Il neologismo è stato inventato da Gina Pell, brillante imprenditrice digitale che ha saputo cogliere il significato simbolico e attrattivo di questa nuova “etichetta”.

Qualcuno tende a impadronirsi del termine, per circoscriverlo al proprio status ma, come cita il Vocabolario Treccani, si tratta di “Persona in grado di adattarsi alle novità e ai cambiamenti, a prescindere dall’età anagrafica” e, come ribadisce la creatrice “è arrivato il momento di definire le categorie sulla base di valori e passioni comuni, e di sganciarsi dalle false e antiquate costruzioni basate su un sistema di classificazione legata all’età”.

La tendenza è a considerare i perennials nella fascia over 50 ma è un controsenso classificare un valore che nasce così trasversale, e indefinito, in una classe d’età ben precisa. Si è perennial a 15 anni come a 85. Delimitarne l’inizio a quota 50, significa implicitamente, e a priori, estromettere ma l’esclusione non è il principio di tale neologismo. Altra pretesa di categorizzare è quella di rendere tale prospettiva riservata alle donne, in particolare a quelle famose e di successo. Lo spirito alla base del perennial è, invece, onnicomprensivo e non riservato nel genere, nella classe sociale, nell’età, ecc. Nel web è possibile trovare il riferimento del perennial associato alla nascita di una nuova generazione. Giova ricordare come tale mentalità aperta e inclusiva, invece, sia sempre esistita e non sia frutto di un mero contrasto alla tendenza divisiva della categorizzazione generazionale.

A proposito di generazioni, è fondamentale sottolineare un aspetto senza età, collante universale e assoluto nel tempo. San Giovanni Paolo II lo riassunse così “Io appartengo a quella generazione che ha vissuto la seconda Guerra Mondiale ed è sopravvissuta. Ho il dovere di dire a tutti i giovani, a quelli più giovani di me, che non hanno avuto quest’esperienza: ‘Mai più la guerra!’, come disse Paolo VI nella sua prima visita alle Nazioni Unite. Dobbiamo fare tutto il possibile!”.

Il professor Federico Capeci è l’autore del volume “Generazioni” (sottotitolo “Chi siamo, che cosa vogliamo, come possiamo dialogare”), pubblicato nell’ottobre 2020 da “Franco Angeli”. Il testo evidenzia le caratteristiche delle varie generazioni che si confrontano nel mondo contemporaneo, gli aspetti comuni nonché il potenziale che la collaborazione fra le stesse (anziché il conflitto) può esprimere.

Interessante una diversa chiave di lettura delle generazioni, proposta dall’Istat nel Rapporto annuale 2016, visibile al link https://www.istat.it/it/archivio/9191, in cui “La classificazione proposta accomuna le generazioni che hanno sperimentato l’ingresso nella vita adulta in corrispondenza di periodi storici che hanno rappresentato una ‘rottura’ nel continuum della nostra storia. Si evidenziano la “generazione della ricostruzione” (nati tra il 1927 e il 1943), le due appartenenti al “baby boom” ossia quella dell’“impegno” (1947-1955) e dell’“identità” (1959-1963), poi di “transizione” (1967-1979), del “millennio” (1983-1995) e delle “reti” (1999-2015).

Info Data (Le notizie raccontate con i numeri), il 28 agosto scorso, al link https://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/08/28/qualche-domanda-sulla-alla-generazione-z/, ha riportato delle statistiche di rilievo. Si legge “Il Capgemini Report del 2020 intervistava oltre 10.000 persone di età superiore ai 18 anni in 10 Paesi, Italia inclusa, per individuare i principali trend sui consumi per generazione. Nel complesso emerge che un terzo degli intervistati della Gen Z (1997-2012 ndr) non è disposto a pagare qualcosa in più per avere un prodotto sostenibile o sano. Circa il 40% di loro non è disposto a farlo per detersivi e prodotti per la casa. Si tratta di una percentuale senza dubbio minore rispetto ai loro genitori, ma siamo ancora lontani dalla totalità dei ragazzi. Sembra che il tema dei rifiuti sia molto sentito, meno quello della sostenibilità dei trasporti. Il 64% della Gen Z e il 54% dei Millennial (1981-1996 ndr) sono disposti e hanno pagato di più per generi alimentari in imballaggi sostenibili rispetto solo al 30% dei Boomer (1946-1964 ndr). Quando fanno la spesa, il 72% della Gen Z e il 66% dei Millennial sono disposti a pagare di più per gli alimenti biologici e, in effetti, lo hanno fatto l’ultima volta che hanno comprato prodotti alimentari, rispetto al 56% dei Boomer. Eppure, il 67% dei 50-60enni dichiara che è importante acquistare i prodotti locali, contro il 52% della Generazione Z. I giovanissimi però sono maggiormente disposti a pagare un extra per una consegna rapidissima: il 5% contro il 3,2% dei loro genitori. Solo il 53% della Gen Z di età compresa tra i 18 e i 24 anni afferma di andare spesso a fare acquisti in negozio, contro il 73% dei loro genitori Boomer. I nati dopo il 1995 rappresentano oggi il 32% della popolazione mondiale e si stima possegga il livello di reddito aggregato in più rapida crescita di qualsiasi fascia demografica, destinato a raggiungere i 33 trilioni di dollari nel 2030 e superando il potere di spesa dei Millennial entro il 2031”.

Il confronto fra anziani, adulti, adolescenti e bambini spesso si accompagna a una sana ironia, in cui ogni fascia di età rivendica il proprio ruolo e scherza su quello altrui. Altre volte, tuttavia, lo scontro è serio e tracima in litigi continui e in silenzi sterili. L’adolescente, spesso, pone un comportamento oppositivo nei confronti di quei “matusa” che non riescono a comprendere il suo aver già capito come funziona il mondo. Le forme estreme conducono a isolamento, violenza, disgregazione e comportamenti illeciti. La distinzione anagrafica fra generazioni, se da un lato rappresenta una doverosa categorizzazione sociologica per meglio comprendere la società e i suoi sviluppi, a volte può significare un’ulteriore bandiera da far garrire contro un nuovo avversario, spesso, per giunta, familiare. Distinguere fra generazioni ha una valenza scientifica e di studio ma può rappresentare un altro elemento divisivo.

L’idea è interessante. Il termine perennials scavalca le barriere anagrafiche e possiede caratteristiche assolute e universali tali da essere il dna di ogni generazione. Gli elementi che contraddistinguono questo status sono quelli dell’inclusione, dell’accoglienza, del confronto e del dialogo. Pone tutti d’accordo: non elimina le differenze caratteriali, fisiche, mentali delle varie fasce d’età ma permette loro di non considerarle barriere bensì ponti e nuove opportunità. Non conduce a infantilismi di ritorno né a invecchiamenti precoci: amplia lo spettro mentale, spirituale e fisico. Avere amici o contatti di ogni età non ghettizza: arricchisce chi è in grado di coglierne la potenzialità.

La flessibilità che permea il perennial è quella forza che permette di essere più aperto alle sfide e più in linea con i cambiamenti, cavalcandoli senza subirli, in grado di crescere in modo autonomo. Solo chi ha terrore di perdere status e che dimostra chiusura verso le novità, troverà la sua (presunta) “comfort zone” nel rimanere avvinghiato alla classe assegnata.

È necessario precisare, infatti, come il perennial sia sempre esistito, seppur poco conosciuto. La Pell ha avuto il merito di aver sdoganato, con un termine efficace, la condizione di tutte quelle persone che non si vincolano alle mode, non si limitano negli stereotipi e che sono in grado di confrontarsi con chiunque.

Gusti, valori e desideri non si schematizzano necessariamente con l’età, con buona pace del marketing e della pubblicità. Ogni individuo è una persona e, come tale, uno spirito immenso, senza fili e barriere; non si omologa la personalità, checché ci si provi.