Gramaglia: “Il Papa? Un comunicatore eccezionale: costruisce ponti con le parole”

In occasione della vista papale al Dicastero per la Comunicazione, In Terris approfondisce l'importanza della comunicazione sociale (laica e religiosa) in un contesto pluralista intervistando il giornalista e politologo Giampiero Gramaglia

Papa Francesco saluta i fedeli (immagine di repertorio)

Oggi, lunedì 24 maggio, Papa Francesco si reca in visita alla comunità di lavoro del Dicastero per la Comunicazione a Palazzo Pio in occasione dei 160 anni de L’Osservatore Romano e dei 90 anni della Radio Vaticana.

I 160 anni de L’Osservatore Romano

L’Osservatore Romano ha percorso l’intera storia d’Italia. Infatti, venne fondato da due avvocati, il forlivese Nicola Zanchini ed il centese Giuseppe Bastia, che si erano trasferiti nello Stato Pontificio dopo i plebisciti di annessione nel marzo 1860. A Roma, con finanziamenti privati e con l’appoggio del Papa, il giornale poté vedere la luce.

Il primo numero uscì il 1º luglio 1861, pochi mesi dopo la nascita del Regno d’Italia, avvenuta il 17 marzo 1861. Il quotidiano uscì con la sottotestata “Giornale politico-morale” (verrà poi sostituita dall’attuale “Giornale quotidiano politico religioso”); era composto da quattro pagine e costava 5 baiocchi (circa 27 centesimi di lire dell’epoca).

La modernizzazione dei media vaticani

Lo scorso anno, il più antico mezzo di comunicazione della Santa Sede si è radicalmente rinnovato e modernizzato grazie a un nuovo formato, un nuovo sistema di stampa e una nuova impostazione.

La logica della nuova impostazione è quella di una doppia integrazione: quella tra carta e digitale e quella tra L’Osservatore Romano e gli altri media vaticani, in particolare con Radio Vaticana – che, oltre a curare in diverse lingue la tele-radiocronaca del Papa, trasmette radiogiornali, programmi informativi e di approfondimento, reportage, musica e podcast in 40 lingue ed è ascoltabile in tutto il mondo grazie al satellite, internet e alle onde corte – e con il portale Vatican News che pubblica quotidianamente notizie, interviste e video in 35 lingue, trasmette le dirette degli avvenimenti papali e informa, anche attraverso i social media, sull’attività del Papa, del Vaticano e della Chiesa nel mondo.

Radio Vaticana

Un’integrazione, quella dei  media vaticani, voluta da Papa Francesco. “E’ importante conservare la memoria della nostra storia ed avere nostalgia non tanto del passato, quanto del futuro che siamo chiamati a costruire. Andate avanti con coraggio e creatività nel parlare al mondo e costruire così una comunicazione capace di farci vedere la verità delle cose“, ha detto il Pontefice ai giornalisti per i 90 anni di Radio Vaticana.

Il Dicastero per la Comunicazione

Riunire e riorganizzare “tutte le realtà che, in diversi modi, fino ad oggi, si sono occupate della comunicazione”. È questo che Papa Francesco chiede ai responsabili della riforma dei media vaticani quando il 27 giugno 2015 crea, con il Motu Proprio, il nuovo Dicastero per la Comunicazione.

L’obiettivo di fondo, spiega il Papa nel documento istitutivo, è che il nuovo settore sia in grado di “rispondere sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa” all’interno di un ambito mutevole e rapido come quello dell’informazione multimediale e social, sempre più complessa e interdipendente.

La sfida del Dicastero diventa dunque quella di far convergere nove realtà fino a quel momento distinte, caratterizzate da storia e tradizioni talvolta secolari, all’interno di un sistema editoriale e amministrativo unitario, gestito da un Dicastero che è parte integrante della Curia Romana.

La storia dei media vaticani

Il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

Nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, intitolato “Vieni e vedi” [qui il testo integrale, ndr] il Papa invita tutti i professionisti dei media a “far distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità”, specie quella che spesso “nessuno racconta perché non ci si prende la briga di andare a cercarla là dove si manifesta”. Francesco propone agli operatori del settore il “Vieni e vedi” evangelico perché, sostiene, “nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona”.

L’intervista a Giampiero Gramaglia

In occasione della vista papale al Dicastero per la Comunicazione, In Terris approfondisce l’importanza della comunicazione sociale (laica e religiosa) in un contesto pluralista intervistando il giornalista e politologo Giampiero Gramaglia, già direttore dell’Ansa.

Il giornalista Giampiero Gramaglia

Dottor Gramaglia, qual è la specificità della comunicazione sociale e come è cambiata nei decenni?
“La formula comunicazione sociale è, di per sé, molto vasta e molto generica ed era sovrapponibile, fino a un recente passato, al concetto di comunicazione. Ma se la domanda riguarda, in particolare, l’accezione più specifica delle campagne di pubblica utilità, finalizzate a promuovere scelte o comportamenti ‘virtuosi’, e messe in atto da pubbliche amministrazione o da organizzazioni non profit e/o imprese private, non c’è dubbio che essa ha acquistato, negli ultimi vent’anni, straordinaria efficacia, sommando e fondendo i linguaggi di media ormai tradizionali, come la radio e la televisione, ben più della stampa scritta, con quelli dei new media e dei social network, dove, tra l’altro, la comunicazione sociale riesce a svolgere una funzione calmieratrice, stemperandone l’insita rissosità e innescando confronti costruttivi”.

Qual è stato il contributo della comunicazione sociale nella società?
“Per le sue caratteristiche e le sue modalità, tendenzialmente pacate e misurate, volte a persuadere con l’esempio e il ragionamento, la comunicazione sociale ha svolto e svolge un ruolo molto positivo nella società, anche se sembra avere bisogno, per risultare veramente efficace, di una sorta di predisposizione favorevole dell’opinione pubblica. Se in qualche caso ha avuto grande successo (pensiamo all’impatto sul fronte dei comportamenti ambientali), in altri ne ha avuto meno: pensiamo al fenomeno della migrazione, dove la comunicazione sociale, forse perché portata avanti con eccessiva timidezza, temendo l’impopolarità del messaggio, non ha sconfitto pregiudizi e ostilità”.

Oggi si celebrano i 160 anni de L’Osservatore Romano e i 90 anni di Radio Vaticana. Quanto è l’importanza della presenza di una comunicazione religiosa (e dunque non solo laica) in un contesto democratico?
“In una società democratica e, quindi, pluralista, non è solo importante che la liberà sussista in tutte le sue declinazioni, di pensiero, d’espressione, politica, economica, religiosa, ma che venga pure attivamente esercitata nella crescente diversità delle nostre società. Dunque, i media portatori d’istanze religiose, come in primis per il loro prestigio l’Osservatore Romano e la Radio Vaticana, ma anche Avvenire e tutta la miriade di organi d’informazione che fanno riferimento alla Chiesa e alla fede cattoliche, sono una voce essenziale del pluralismo democratico, accettando di coesistere accanto a media espressioni di altri credo, senza avocare a sé o pretendere privilegi e/o esclusive”.

Quale ricchezza apporta l’informazione religiosa?
“L’informazione religiosa, ma più ancora l’informazione ispirata da una visione religiosa, contribuisce a mettere i problemi nella prospettiva di una finalità ultima e aiuta a depurare discussioni e confronti da elementi contingenti. Le finalità possono differire, ma guardare oltre l’interesse di parte e del momento aiuta a trovare soluzioni condivise e a lungo termine”.

Papa Francesco: è un comunicatore efficace? Qual è l’importanza di aver istituito un Dicastero per la comunicazione?
“Papa Francesco è un comunicatore eccezionale: dice tutto in modo semplice e comprensibile, suscita empatia e, per prendere a prestito un concetto che gli è caro, costruisce con le parole ponti fra le persone, anche quando mette paletti e segna confini tra il giusto e l’iniquo, il bene e il male, l’Amore e l’odio. L’avere istituito un Dicastero per la comunicazione, di cui non ho conoscenza diretta e personale, è una decisione importante, un segnale di attenzione. Ma un ministero di per sé non basta ad affrontare e a risolvere i problemi; anzi, spesso l’istituzione di un ministero segnala l’esistenza di un problema e la percezione della difficoltà di risolverlo, più che la capacità di farlo. Ma fin quando la Chiesa disporrà di un comunicatore come Francesco non avrà, in fondo, bisogno d’un Dicastero per fare un lavoro che il Papa fa già benissimo”.