Ecco perché le criptovalute sono ad alto rischio truffa. Vademecum contro i tecno-imbroglioni

Radiografia di un business in vorticosa crescita tra soldi, anonimato e pochi controlli. Per l'economista Nouriel Roubini si tratta della "madre di tutte le truffe"

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Criptovalute ad elevato pericolo di truffe. L’attività fraudolenta sulle criptovalute va di pari passo con la cybersecurity. E così Kaspersky, società leader negli antivirus, stila un elenco delle truffe più comuni. E delle strategie. Per evitare di cadere vittima di tecno-imbrogli. Ecco il vademecum.

Sos criptovalute

Si consiglia di stare attenti ai siti web falsi. Attenzione, quindi, se nel campo “Url” non c’è il simbolo del lucchetto. Questo simbolo, infatti, indica che la connessione è sicura. Sos, inoltre, se l’indirizzo del sito non inizia con “https”. E’ suggerita cautela per scongiurare le app mobili false. Quindi attenti a errori di ortografia evidenti nella copia. Al marchio commerciale se ha colori strani. O un logo sbagliato. Non fidarsi, poi, di aggiornamenti falsi su Twitter e altri social media. Perciò non bisogna seguire account falsi. Non fidarsi delle offerte che arrivano dai social. Perché se su queste piattaforme viene chiesta anche solo una piccola quantità di criptovaluta, è probabile che non verrà mai restituita. Infinite attenzione alle e-mail truffa. Non bisogna mai fare mai clic su un link contenuto in un messaggio che indirizza a un sito.
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La madre di tutte le truffe

A lanciare per primo l’allarme-criptovalute è stato l’economista Nouriel Roubini. Non un accademico qualunque ma uno dei pochi ad avere previsto la crisi finanziaria del 2008. “Le criptovalute sono la madre di tutte le truffe“. Il giudizio è di quelli che non lascia margini di incertezza. Soprattutto se a pronunciarlo tre anni fa, in audizione al Congresso Usa, è stato Nouriel Roubini. All’epoca Bitcoin era reduce dal primo dei suoi cicli boom-crollo. In pochi mesi nel 2018 era arrivato a 20 mila dollari per poi scendere sotto quota 7 mila. In questo complicato 2021 la criptovaluta più importante è arrivata a metà aprile sopra quota 63 mila. Per poi perdere in tre mesi il 50% del suo valore. Un’altalena che sembra fatta (in tempi di rendimenti zero in banca) per allettare gli investitori privati. Incuranti della volatilità. E anche della possibilità di essere truffati nella gestione di strumenti- come le criptovalute- che hanno fra i loro punti forti proprio l’anonimato e l’assenza di normative. Uno scenario fin troppo allettante per chi avesse cattive intenzioni.

Le vittime

Negli Usa l’ultimo rapporto della Federal Trade Commission fotografa il trend. Nel quarto trimestre del 2020 e nel primo trimestre del 2021. Le perdite degli investitori privati per truffe legate a criptovalute sono salite a quasi 82 milioni di dollari.  Oltre 10 volte l’importo rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente. Le vittime (negli Usa, ma il discorso è comune) vanno dai piccoli investitori privati ai veterani della finanza “ufficiale”. A fuorviare sono l’anonimato e la presunta inviolabilità della tecnologia blockchain. Il registro condiviso e immutabile che registra le transazioni e traccia gli asset. Queste due caratteristiche avrebbero dovuto rendere Bitcoin e le altre criptovalute strumenti più “sicuri” di altri. La realtà dimostra come spesso avvenga il contrario. Un esempio sono le frodi “Rug Pulls“. Espressione inglese che richiama il levare il tappeto sotto i piedi di qualcuno. Facendolo cadere. Il meccanismo descritto dall’Adnkronos è semplice. I truffatori si spacciano per sviluppatori di una nuova criptovaluta. Raccolgono i fondi degli investitori. E quindi scappano via. Senza lasciare traccia. Sono 11.170 le criptovalute censite sulla piattaforma Coinmarketcap. E quasi 400 le piattaforme di compravendita. Dunque quello delle criptovalute è un gigantesco labirinto. In cui perdersi è la normalità.

Portafoglio inesistente

Per un investitore poco accorto è alto il rischio di investire i propri soldi in un “portafoglio” (Wallet) inesistente. O su una piattaforma di trading che da un momento all’altro può chiudere. Vendere tutto. E svanire nel nulla. Le criptovalute, poi, non sono neanche sfuggite al classico “schema Ponzi“. E cioè viene lanciato un progetto. Promettendo interessi vertiginosi. La truffa si basa sulla vendita di “mining schemes“. E prevede commissioni agli investitori che riescono a coinvolgere nuove persone interessate. Le entrate sono in teoria legate a transazioni su criptovalute. E servono all’inizio per pagare appunto questi interessi. E convincere un numero crescente di investitori della validità della “promessa”. Si attende che il fenomeno cresca a sufficienza. E si scompare nel nulla. Sono numerose le truffe eclatanti sulle criptovalute. Come il caso di BitClub Network. Nel quale il totale di soldi sottratti ai “cripto-polli” di tutto il mondo è stato addirittura di 722 milioni di dollari.
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In Italia

In Italia ad aprile la procura di Firenze ha chiuso le indagini su un cripto-finanziere. Responsabile di un “buco” di circa 120 milioni di euro sulla piattaforma informatica hackerata “Bitgrail”. All’epoca unica piattaforma di exchange presente in Italia. Un’ operazione che avrebbe visto oltre 230 mila risparmiatori truffati. Nel 2018 il broker aveva denunciato un furto di criptovaluta Nano Xrp. Originato, a suo dire, da un bug del protocollo con illecite transazioni. In realtà l’informatico non solo era a conoscenza delle irregolarità. Ma avrebbe trasferito sul proprio conto personale Bitcoin per circa 1,7 milioni. Soldi dei di clienti della piattaforma. Per poi cercare di svuotare il conto.