Come combattere la desertificazione e la siccità. L’intervista a Mariagrazia Midulla (WWF)

L'intervista di Interris.it a Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, in occasione della Giornata Mondiale per la lotta contro la desertificazione e la siccità

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Foto di Cristina Gottardi su Unsplash A destra Mariagrazia Midulla

L’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1995 ha istituto il 17 giugno come la Giornata Mondiale per la lotta contro la desertificazione e la siccità. Lo scopo è quello di prevenire questi fenomeni e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della tutela della biodiversità e sulla sicurezza delle popolazioni minacciate. Secondo le stime del Global Land Outlook, il 70% delle aree libere da ghiacci sono state alterate dall’uomo, con conseguenze dirette e indirette su circa 3.2 miliardi di persone, e si prevede che entro il 2050 questo dato  possa aumentare. Inoltre ad oggi circa 500 milioni di persone vivono in aree dove il degrado del terreno ha raggiunto la perdita totale di produttività.

L’intervista

In occasione di questa giornata Interris.it ha intervistato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia che ha spiegato le origini di questi fenomeni e il loro legame con gli eventi climatici estremi a cui negli ultimi anni ci stiamo abituando.

Mariagrazia che cosa è la desertificazione?

“Si tratta di un processo climatico e ambientale solitamente irreversibile che porta alla degradazione e all’impoverimento del suolo che non presenta più una diversità biologica e per cui è meno produttivo. Tra le cause che portano a questo fenomeno c’è il cambiamento climatico, l’aumento della siccità e la pressione antropica sotto forma di pratiche agricole insostenibili che puntano ad un’alta resa del terreno e che includono fertilizzanti e pesticidi chimici. Inoltre un altro processo che non fa bene al suolo è la salinizzazione, ovvero l’eccessiva concentrazione di sali all’interno di un terreno che lo rende poco fertile impedendo la crescita e la nascita di microrganismi e la stessa coltivazione di nuove piante”.

Quali sono le zone più a rischio desertificazione?

“A livello mondiale l’area più colpita è l’Africa, in particolare la zona che si trova a sud del Sahara, dove il 73% delle terre aride coltivabili sono già degradate o già completamente desertificate. A seguire troviamo l’Asia, il Medio Oriente, il Sudamerica e persino alcuni Paesi fortemente sviluppati come gli Stati Uniti o l’Australia presentano aree desertificate. In Italia invece, l’1/% del paesaggio corre il rischio desertificazione. Questo fenomeno si concentra soprattutto nelle regioni meridionali dove le temperature sono più alte, ma i nuovi rapporti hanno rilevato un peggioramento delle condizioni del suolo anche in regioni tradizionalmente protette come il Lazio, le Marche, il Molise e l’Abruzzo”.

La desertificazione favorisce eventi climatici estremi?

“Si tratta di un circolo vizioso, perché da una parte abbiamo le ondate di calore che inducono alla desertificazione, dall’altra l’aridità del suolo porta a una maggiore esposizione a fenomeni estremi. Il terreno infatti in condizioni normali si comporta come una spugna che assorbe l’umidità, mentre un terreno arido perde questa capacità di assorbimento. Ecco allora che quando piove l’acqua scivola via sulla superficie e può innescare improvvisi alluvioni e altri eventi estremi pericolosi per le popolazioni”.

La siccità da cosa è provocata?

“Anche in questo caso si tratta di una serie di concause che vedono nel cambiamento climatico il motore principale. Sempre più spesso vi sono zone del mondo in cui le precipitazioni sono meno frequenti, ma quando si manifestano sono molto violente. Un’altra causa è l’esaurimento delle nostre riserve d’acqua, ovvero dei ghiacciai alpini che nel giro di qualche decennio rischiano di scomparire. Inoltre, si attinge sempre di più alle falde acquifere non dandogli il tempo di rigenerarsi”.

Come si deve intervenire?

“Per quel che riguarda la desertificazione è fondamentale partire da un cambiamento delle abitudini che presuppone anche un rispetto maggiore nei confronti del terreno. La siccità invece si combatte fermando le emissioni di anidride carbonica che emettiamo nell’atmosfera. Dagli studi emerge che nel 2029 potremmo esaurire il budget di carbonio che abbiamo ancora a disposizione per rimanere entro un grado e mezzo di aumento medio di temperatura globale. Purtroppo è palese che ancora oggi non diamo abbastanza importanza al terreno e pensiamo che serva esclusivamente per poggiare i piedi, ma in realtà è un elemento vivo di cui bisogna avere una costante e attenta cura”.