#ChildSafetyOnlineNow: una campagna per proteggere i minori online

L'intervista alla dottoressa Federica Giannotta, Responsabile Advocacy Terre des Hommes Italia, che spiega la nuova norma in discussione in Europa per proteggere i minori online

“Mettiamo i tappi di sicurezza sui flaconi dei medicinali, i caschi sulle teste, gli stabilizzatori alle biciclette, copriamo le prese di corrente, allacciamo le cinture di sicurezza. Non siamo mai stati così bravi a proteggere i bambini. Allora perché non riusciamo a tenerli al sicuro online?“. E’ questa la domanda che risuona forte e chiara nel video di presentazione della campagna #ChildSafetyOnlineNow (La sicurezza dei minori non dovrebbe fermarsi online) lanciata da Terre des Hommes, insieme ad altre 13 organizzazioni internazionali della società civile impegnate a proteggere i diritti dell’infanzia.

La proposta per una nuova normativa a livello europeo

Proprio in queste settimane, infatti, sono iniziate le negoziazioni al Consiglio e al Parlamento Europeo per una nuova normativa, per prevenire e combattere gli abusi sessuali su minori online. Attraverso un video di denuncia, un sito web e contenuti per i social media (disponibili anche in italiano) la campagna ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di proteggere i bambini online e di sostenere la proposta della Commissione europea per prevenire e combattere l’abuso sessuale dei minori online.

L’intervista

Per approfondire l’argomento, Interris.it ha intervistato la dottoressa Federica Giannotta, Responsabile Advocacy Terre des Hommes Italia

Dottoressa Giannotta, avete lanciato la campagna #ChildSafetyOnlineNow. Qual è il vostro obiettivo?

“La campagna è nata con la volontà di movimentare l’opinione pubblica e le istituzioni affinché sostengano l’approvazione della proposta di nuova normativa, in discussione ora in Commissione europea e Consiglio d’Europa, sulla violenza sessuale online. Con la campagna abbiamo voluto informare sull’esistenza di questa discussione e far comprendere il gran bisogno che c’è di regolamentare, in termini di protezione e utilizzo, i canali online e i social per la tutela dei giovani e dei ragazzi. Serve a mettere in guardia dai pericoli a cui i ragazzi sono quotidiana esposti. Noi di Terre des Hommes, che siamo un’associazione internazionale, abbiamo sentito l’esigenza di farci promotori di questa iniziativa”.

Parlando dei pericoli che i giovani possono incontrare in rete, verrebbe da pensare che a volte, alcuni genitori potrebbero non essere del tutto consapevoli di questo fattore di rischio…

“Alcuni anni fa abbiamo condotto uno studio da cui è risultato che un’ampia fascia di genitori non ha molta dimestichezza né con il computer né con i social e quindi lasciavano mano libera ai figli, anche contenti del fatto che i figli fossero più bravi di loro in questo campo. Questo, però, ha generato un gap in termini di protezione e controllo. Oggi, probabilmente, i genitori questa sensibilità l’hanno acquisita, ma è molto difficile pensare che i figli possano navigare in sicurezza. Manca tutta una serie di regole che i social dovrebbero essere tenuti a rispettare. C’è bisogno da un lato, come chiede questa campagna, di regolamentare meglio l’ambiente online, di predisporre dei meccanismi di intercettazione di quelli che sono comportamenti illeciti e della loro rimozione. Dall’altro lato, si avverte la necessità di fare cultura su come utilizzare i social. Sono due piani che vanno paralleli, ma che prima o poi si dovranno incontrare”.

Nel mese di maggio avete presentato alcune proposte di riforma per rendere più effettiva la difesa delle giovani vittime da reati informatici. Ma i social network possono davvero diventare dei protagonisti in questo senso?

“Sì, decisamente. Le nostre proposte sono molto concrete e consone che insieme aiutano a costruire maggiore tutela e difesa. Come prima cosa abbiamo chiesto che ogni piattaforma istituisca un canale dedicato ad accogliere le segnalazioni di contenuti illecite; il secondo punto riguarda la questione dell’anonimato: il social, dietro motivata richiesta di un gip, è tenuto a rivelare l’identità di chi si nasconde dietro un nickname; come terza cosa abbiamo chiesto che per norma, modificando il Codice penale, i reati che vengono commessi online siano individuati fisicamente dove ha la residenza, domicilio o dimora la vittima: se per esempio, sono stata vittima di adescamento online mentre ero nella mia casa a Roma, il luogo dove è stato commesso il crimine sarà Roma; quarta cosa dare la competenza per decidere al Tribunale della zona dove si è verificato l’illecito; l’ultima nostra richiesta è che venga istituita un’autorità composta da esperti, indipendente, che possa recepire le segnalazioni di illeciti in modo che nell’arco di tempo che va dalle 24 alle 48 ore, in maniera collegiale possa decidere se quel contenuto è pericoloso e quindi proceda con l’avanzare la richiesta al social di rimuoverlo”.

Parlando di contenuti pericolosi si riferisce anche alle challenge che spesso circolano sui social?

“Sono contenuti molto pericolosi. Si è tentato di colpirli dal punto di vista penale, ma non si può fare perché la challenge è un ‘invito’ a fare cose rischiose. Si è cercato di farle passare come istigazione al suicidio, ma non è possibile perché di solito in questi video dicono: ‘Non fare quello che vedi’ oppure ‘Non mi imitare’. La strada vincente è quella di segnalare a quell’organismo che abbiamo chiesto che venga istituito il contenuto in modo che possa essere velocemente rimosso. Ci sono tante forme di challenge, assolutamente inaccettabili”.

Ma come affrontare il problema delle immagini e dei video di abusi sessuali su minori che circolano nel dark web?

“Il discorso del dark web è più complicato. Noi non possiamo avere un’azione nella regolamentazione di questo spazio. Il dato preoccupante che stiamo registrando è che dal dark web i contenuti illeciti e pericolosi, in qualche modo, riescono ad arrivare a circolare su piattaforme accessibili a tutti, come potrebbe essere Whatsapp. Una dimensione che sta emergendo e intaccando canali di comunicazione quotidiani. E’ inammissibile. E’ per questo motivo che Terre des Hommes lo ha portato all’attenzione dei colleghi di Bruxelles”.

Pensa che questa nuova normativa per la protezione dei giovani riuscirà ad andare in porto?

“Mi sembra che a livello europeo ci sia una volontà molto ferrea di fare questo. I social dovranno iniziare a mettere in campo delle misure per verificare davvero l’età di chi si iscrive, fare dei controlli sui rischi per categorie di utenti… Si è messo in moto un meccanismo di coscienza che si è già tradotto in atti normativi da parte dell’Europa: il far west non è più ammissibile”.