Chiesa Cattolica

Sos della Chiesa. 50 milioni di sfollati interni sono “invisibili”

La Chiesa in campo per gli “invisibil”. Ieri mattina in piazza San Pietro era presente, all’Angelus del Papa, una rappresentanza delle comunità etniche cattoliche di Roma accompagnati dalla Fondazione Migrantes di Roma, l’organismo pastorale della Cei che si occupa delle migrazioni.

Lo “sciopero degli invisibili”

L’impegno della Chiesa per gli sfollati interni

Le testimonianze dei protagonisti del messaggio di Papa Francesco. Dai terremotati del Lazio e delle Marche agli sfollati del Congo e del Kurdistan iracheno. In occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020, celebrata ieri, la Fondazione Migrantes e Tv2000 hanno realizzato un docuweb in collaborazione con Caritas Italiana e Centro Astalli. Ieri in piazza San Pietro c’erano “dieci delegati per comunità con le bandiere dei Paesi di provenienza”, spiega il direttore di Migrantes Roma, monsignor Pierpaolo Felicolo. Una presenza “per dire grazie al Pontefice perché non perde mai l’occasione per ribadire costantemente l’attenzione e il sostegno della Chiesa verso il mondo della mobilità umana”. 

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Quest’anno il messaggio di Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato è dedicato agli sfollati interni. Si tratta, evidenzia don Gianni De Robertis (direttore generale di Migrantes, fondazione della Chiesa italiana) di “una categoria di persone che sono spesso invisibili“. E ciò “a dispetto del loro numero”. Si stimano, infatti, “essere oggi circa 50 milioni“. Persone che “non godono neanche di uno status giuridico riconosciuto“. Eppure condividono con i richiedenti asilo e i rifugiati, il dramma di essere stati costretti a fuggire, i pericoli e la precarietà. La loro protezione, però, è affidata a quello stesso Stato di appartenenza che a volte è la causa stessa dei loro mali.

I migranti al confine con la Grecia – Foto © AFP

Invisibilità

E questa invisibilità è resa oggi ancora più grave dalla crisi mondiale causata dalla pandemia Covid-19. L’emergenza sanitaria, infatti, ha finito col far dimenticare tanti altri drammi che “pure continuano a consumarsi su questa nostra terra”, osserva don De Robertis.

Paola Anderlucci

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