Sinodo Amazzonia, Francesco: “Dio non s'impone, si offre”

Sinodo

Nella navata centrale della Basilica di San Pietro, gli abiti talari si confondono ai copricapi ricoperti di piume dei rappresentanti indigeni. Si apre con la Messa nella Cappella Papale l'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi, che inizierà domani fino al 27 ottobre prossimo. Al Sinodo sono presenti 184 padri sinodali, di cui 113 provengono dalle circoscrizioni territoriali panamazzoniche. Contrariamente a quanto si pensi, la regione amazzonica si estende per metà della superficie dell'America Latina: con i suoi 7,8 milioni di chilomentri quadrati, infatti, coinvolge ben nove Paesi. Il Papa ha celebrato la Santa Messa, affiancato dal cardinale Baldisseri, segretario generale del Sinodo, il cardinale Hummes, relatore, e dai tre sottosegretari, il cardinale Michael Czerny, SJ, mons. David Martínez de Aguirre Guinea e mons. Fabio Fabene.
Nell'omelia, il Papa ravvisa in San Paolo il grande missionario della storia della Chiesa “che ci aiuta a fare Sinodo, a camminare insieme” perché è con questo spirito che si apre l'assemblea dal tema Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale

Mani sul capo

Il vescovo, paradigma del missionario, è tale – ricorda Francesco – perché ha ricevuto un dono di Dio: “Non abbiamo firmato un accordo, non abbiamo ricevuto un contratto di lavoro in mano, ma mani sul capo, per essere a nostra volta mani alzate che intercedono presso il Signore e mani protese verso i fratelli. Abbiamo ricevuto un dono per essere doni. Un dono non si compra, non si scambia e non si vende: si riceve e si regala”. Intesa come dono, la vita del missionario acquista un senso, perché coglie nel pieno il significato di essere servi senza utile, come ricorda il Vangelo di Luca: “significa che non ci diamo da fare per raggiungere un utile, un guadagno nostro, ma perché gratuitamente abbiamo ricevuto e gratuitamente diamo. La nostra gioia sarà tutta nel servire perché siamo stati serviti da Dio, che si è fatto nostro servo”.

Il fuoco della Parola

Essere fedeli alla chiamata “missionaria” significa – ricorda Papa Francesco – ravvivare, dare vita a un fuoco, perché “Gesù non è venuto a portare la brezza della sera, ma il fuoco sulla terra“. Il fuoco, se proviene da quello, bruciante, di Dio, allontana dalle preoccupazioni, e permettere di fare davvero pastorale: “In nessun modo la Chiesa può limitarsi a una pastorale di 'mantenimento', per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale” ha detto il Papa, ricordando le parole di Benedetto XVI. Legato al fuoco, è il dono della prudenza. Il Santo Padre si sofferma sulla natura del dono, che viene da Dio e che a Lui va chiesto, “è una grazia che dobbiamo chiedere nella preghiera […]  La prudenza non è indecisione, non è un atteggiamento difensivo. È la virtù del Pastore, che, per servire con saggezza, sa discernere, sensibile alla novità dello Spirito“. Per questo, specifica Francesco, il passo decisivo è coltivare questa “virtù che dispone a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati”.

Contro il colonialismo

Il Papa oppone due fuochi: il fuoco dell'amore, ” che illumina, riscalda e dà vita”, “non brucia, ma consuma come il roveto ardente” e il fuoco che “divampa e divora”. La distinzione serve – sottolinea il Santo Padre – a mettere in guardia da quest'ultimo, il fuoco del mondo, che impone, non dona: “[…] quante volte il dono di Dio non è stato offerto ma imposto, quante volte c’è stata colonizzazione anziché evangelizzazione! Dio ci preservi dall’avidità dei nuovi colonialismi” che distrugge “come quello che recentemente ha devastato l'Amazzonia”. 

Soffrire per il Vangelo

Cosa significa vivere il Vangelo? è la domanda che ritorna costante quando si parla di missione. Papa Francesco rintraccia la risposta nella seconda lettera a Timoteo (1,8), dove l'Apostolo Paolo invita il suo amico: “Non vergognarti di dare testimonianza ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo” che per il Pontefice sottolinea che “Annunciare il Vangelo è vivere l'offerta, è testimoniare fino in fondo, è farsi tutto per tutti, è amare fino al martirio. Infatti, sottolinea l'Apostolo, si serve il Vangelo non con la potenza del mondo, ma con la sola forza di Dio” e aggiunge che l'amore umile, alla base della forza di Dio, significhi “perdere la vita per l'amore […] l'unico modo per possedere davvero la vita”

Il dono del martirio

Soffermandosi sul carattere sofferente della missione evangelica, il Papa ha ricordato la “periferia amazzonica” come il luogo che ha bisogno della consolazione di Dio “Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia portano croci pesanti e attendono la consolazione liberante del Vangelo, la carezza d’amore della Chiesa. Per loro, con loro, camminiamo insieme” ha detto il Pontefice, ricordando anche la grazia di avere, fra i cardinali, dei martiri, cioè uomini che hanno sperimentato sulla loro pelle la croce: “Ringrazio Dio perché ci sono alcuni fratelli Cardinali martiri che hanno assaggiato nella Vita la Croce del martirio”. Francesco ha ricordato un episodio del cardinale Hummes, prefetto emerito della Congregazione per il Clero, che in America Latina va alla ricerca delle tombe dei missionari martiri: “Un gesto della Chiesa per coloro che hanno versato la vita” ha detto “E che con un po' di furbizia dice al Papa: 'non si dimentichi di loro, che meritano di essere canonizzati'”.