Santa Irene da Lecce, la “megalomartire”

Santa estremamente popolare in Puglia, la sua fama di santità è stata ampia fin dai tempi antichi, grazie alla sua incrollabile fede

Sant'Irene da Lecce
Foto: Vatican News

Il 5 maggio si ricorda Sant’Irene da Lecce, che nacque nel 39 d.C. a Tessalonica, l’attuale Salonicco, che fece parte della provincia romana di Macedonia. Verso questa giovane martire c’è una grande devozione in molti paesi della Puglia. Fino al XV secolo fu patrona della città di Lecce, quando fu poi sostituita nel XVII secolo dall’attuale patrono sant’Oronzo, ma anche nella città di Altamura. A lei, essendo la compatrona dal 1728 del luogo, sono riservati grandi festeggiamenti.

Le agiografie di santa Irene

Le notizie su questa santa le troviamo grazie al “Menologio” di Basilio II (958-1025) egli è stato un imperatore bizantino, formalmente Basileus dei Romei dal 10 gennaio 976 fino alla sua morte. Fu soprannominato Bulgaroctono, ossia Massacratore di Bulgari. Il suo regno fu il più lungo di tutta la storia dell’Impero, duro ben 50 anni.

Il “Menologio” è un’opera del monaco scrittore e agiografico bizantino del X secolo che lo compose nel 985. Si tratta di 148 biografie di santi, in cui si può distinguere un primo gruppo, assai esiguo, di testi antichi riportati letteralmente, e un secondo gruppo, anche questo piuttosto modesto, di agiografie composte dallo stesso Metafraste. Per la maggior parte si tratta di agiografie più antiche che sono state rielaborate e arricchite da preziose miniature. Il testo è conservato nella Biblioteca Vaticana.

Irene, la “megalomartire”

Santa Irene è considerata “megalomartire”: questo particolare e forse dimenticato appellativo si riferisce a quei martiri che, per la propria fede, hanno affrontato un supplizio particolarmente atroce e prolungato, spesso caratterizzato dalla presenza di eventi prodigiosi e conversioni al cristianesimo da parte dei presenti.

La giovane era figlia del re Licinius, e alla nascita le fu imposto il nome di Penelope. Avendo raggiunto i sei anni, il padre la fece rinchiudere, sorvegliata a vista dalle serve, in una delle torri del castello, a causa della sua bellezza. Lo stresso genitore circondò la bambina di idoli pagani. Ma grazie al discepolo di san Paolo, Timoteo, e al pedagogo cristiano Apelliano, Penelope si convertì al cristianesimo, assumendo il nome di Irene. Naturalmente questa cosa non piacque al padre, che legò Irene ad un cavallo imbizzarrito per ucciderla. Irene sopravvisse e Licinius morì in seguito a un morso alla mano ricevuto proprio da quel cavallo. Irene pregò per il padre che, resuscitato, si convertì al cristianesimo.

La devozione

L’evento provocò una conversione di massa, alla quale il governatore romano Publio Ampelio (357-371) reagì accusando Irene di apostasia. Nell’ età bizantina, questo reato, era considerato un grande tradimento, proprio contro l’impero. Irene, rigettò questa tremenda accusa e venne condannata a morte, attraverso la decapitazione, avvenuta secondo le notizie il 5 maggio durante il primo secolo.

La popolarità verso questa santa, si deve anche grazie al gesuita e teologo barese Antonio Beatillo (1570-1642) che pubblicò nel 1609 la “Historia” di sant’Irene in due volumi, e contribuì anche alla diffusione del culto nell’allora Regno di Napoli, verso questa Santa Vergine e Martire, che viene invocata contro il pericolo dei fulmini. La santa è festeggiata anche nella Chiesa Copta, a dimostrazione della sua antica venerazione.