Riconciliazione e cura del creato

Sono risuonate per una settimana parole destinate a lasciare il segno. “Speriamo che questo viaggio, un po' lungo, dia dei frutti”, aveva auspicato il Pontefice alla partenza salutando i giornalisti durante il volo che lo ha condotto in Mozambico. Il 31° viaggio internazionale di papa Francesco si è svolto nel segno della riconciliazione e della cura del creato. Durante la visita apostolica in Mozambico, Madagascar e Maurizio, il Pontefice ha pronunciato 15 discorsi. Una missione nelle “Chiese giovani” iniziata ancor prima di salire la scaletta dell’aereo. A Casa Santa Marta il Papa ha incontrato una decina di persone accolte dal Centro Astalli e dalla Comunità di Sant’Egidio, provenienti da Mozambico, Madagascar e Maurizio. Il gruppo era accompagnato dall’Elemosiniere, cardinale Konrad Krajewski.

Sfida alle ingiustizie

Durante il viaggio il Papa ha esortato ad “accettare la sfida dei migranti senza escludere” e ha ribadito la necessità che “l’economia non sacrifichi vite umane sugli altari della speculazione e del profitto” perché “lo sviluppo economico deve andare a vantaggio di tutti”, mentre “la precarietà ruba il futuro e toglie la voce ai giovani che sono la nostra prima missione”. Sui migranti il Papa ha indicato ai governi la linea da seguire: “Non respingerli ma accoglierli e riconoscerne i diritti”. Un incoraggiamento rivolto anche ai credenti: “Potere e interessi giocano contro la Chiesa, ma non scoraggiamoci”. Il Pontefice ha chiesto di dare un “salario dignitoso a chi lavora” e ha detto basta alla disoccupazione, quindi “i modelli di sviluppo privilegino la lotta alla povertà e all’esclusione sociale”. Inoltre ha affrontato i temi del profondo disagio degli  individui del terzo millennio globalizzato e alienante: “Non c'è peggiore schiavitù di vivere ognuno per sé”. Perciò ha invitato i paesi a “camminare nella pace e nella speranza. I cristiani “non stiano a braccia conserte davanti alle sofferenze e alle ingiustizie”, mentre “rinchiudersi dà una sicurezza solo apparente”. Camminare con Cristo “non è riposante”. Papa Francesco ha detto no a “chi strumentalizza la religione per il terrorismo” e ha ricordato che “chi non si commuove per le sofferenze altrui non può dirsi cristiano”. Inoltre “la cultura del privilegio porta clientelismo e corruzione”, ha ammonito il Pontefice. Al contrario “il seminatore di pace non smette mai di amare” e i popoli hanno “diritto alla pace”. Ciò che conta è “riconciliarsi malgrado le ferite del passato” e, sotto il profilo della salvaguardia del creato, “la difesa della Terra coincide con la difesa della vita: la mano tesa è migliore arma per trasformare la storia, anche nella cura della casa comune”. Dunque: “Basta saccheggiare e depredare”. La pace deve “tornare ad essere la norma”. Mai più “lotte fratricide”. Occorre “capire il dolore e lo sfruttamento delle donne al giorno d’oggi”.

Differenze da armonizzare

Nella tappa in Mozambico il Pontefice ha incontrato vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, consacrati, seminaristi, catechisti ed animatori e ha visitato la Casa Matteo 25 che assiste giovani e bambini di strada. “Apprezzo quanti armonizzano le differenze e accolgono- ha evidenziato Jorge Mario Bergoglio-. “Noi pensiamo all’Africa sfruttata, ma pensiamo a tanti operai sfruttati nelle nostre società. La domestica pagata un terzo di quello che si deve non l’hanno inventata gli africani. Le donne ingannate e sfruttate per fare la prostituzione nel centro delle nostre città non l’hanno inventato gli africani, anche da noi, da tutti, anche da noi c’è questo sfruttamento non solo ambientale ma anche umano”. Ad accogliere il Papa a Maputo è stato il presidente della Repubblica Filipe Jacinto Nyusi, a poche settimane dall’accordo di pace siglato ad agosto dal capo di Stato con l’opposizione della Renamo. “Un’intesa – ricorda Vatican News – che segue la storica firma della riconciliazione del 4 ottobre 1992, mediata dalla Comunità di Sant’Egidio, dopo un conflitto che aveva provocato un milione di morti: nel 1988 era stato infatti Papa Giovanni Paolo II, in visita in Mozambico, a constatare come in quella terra fosse ancora in corso la guerra, con tutte le sue conseguenze di sofferenza, lutto e desolazione”.

Il senso della missione

Messaggi in Africa e per l’Africa, ma “destinati anche a tutti noi“, puntualizza il direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli, sintetizzando il significato del viaggio del Pontefice: “Di questi giorni intensi e straordinari rimangono innanzitutto impressi nella mente i volti pieni di gioia dei bambini, delle donne e degli uomini che hanno accompagnato Francesco lungo strade ora fangose ora polverose di Maputo e Antananarivo, e che hanno animato, nel vero senso della parola, le stupende liturgie celebrate nei tre Paesi. La gioia che hanno saputo esprimere, – rileva Tornielli – nonostante le difficoltà e le condizioni precarie in cui molti di loro sono costretti a vivere, ha qualcosa da insegnare a tutti noi”. E “ci insegna che nel calcolare il benessere di un popolo non sono sufficienti i parametri legati al solo dato economico: la fede vissuta, l’amicizia, la capacità di relazione, i legami familiari, la solidarietà, la capacità di godere delle piccole cose, la disponibilità a donarsi, non potranno mai entrare nelle statistiche”. Tanti i i momenti commoventi del viaggio. “Senza dubbio l’incontro con gli ottomila bambini di Akamasoa, nel luogo dove prima si trovava un’enorme discarica e dove invece ora sorgono piccole ma dignitose casette in mattoni, scuole, luoghi di ricreazione- spiega Tornielli-. L’opera iniziata una trentina di anni fa da padre Pedro Opeka è uno dei tanti tesori nascosti della Chiesa cattolica nel mondo. Un’opera che incarna la speranza cristiana. Grazie alla dedizione di questo missionario, migliaia di famiglie hanno ritrovato lavoro e dignità, e migliaia di bambini hanno trovato un tetto sopra la testa, cibo e possibilità di frequentare la scuola”.