Sembra dividere ancora di più i cristiani dai musulmani la nuova decisione dell’Assemblea provinciale del Sindh, regione del Pakistan, che ha stabilito che i sermoni della preghiera islamica del venerdì siano controllati in via preventiva dallo Stato. “Nessun predicatore avrà il permesso di fare discorsi provocatori. Questa proposta è importante per placare l’odio e sostituirlo con l’armonia religiosa”, ha commentato Abdul Qayum Soomro, consigliere del chief minister di Sindh per gli affari religiosi, nonché ideatore della norma.
Immediata la reazione della comunità islamica del Pakistan, che vede in questa legge una pesante intromissione dello Stato in questioni prettamente religiose. Abid Habib, dell’Associazione dei Superiori maggiori e membro della Commissione Giustizia e pace, intervistato da Asianews, si dice preoccupato per questa novità: “la nuova legge non mi convince del tutto. In futuro il governo potrebbe chiederci di registrare le omelie alla stazione di polizia. L’unica cosa di cui abbiamo bisogno è che gli imam di tutte le moschee del Paese vengano educati”.
Dello stesso parere, Muhammad Asim Makhdoom, segretario per l’informazione del Jamiat Ulema-e-Islam, partito religioso islamico, che sempre ad Asianews dichiara che questa legge porterà solo “anarchia”. “Il Corano – commenta – invoca la pace. Ma sembra che il governo voglia forzare il passaggio della norma. Essa mette l’Islam in discussione, quindi deve essere evitata”.
La reazione della Chiesa del Pakistan, invece, è positiva. Mons. Samson Shukardin, vescovo di Hyderabad, si è detto favorevole alla norma: “Essa aiuterà ad alleviare la tensione prevalente nel Paese, ma deve essere la stessa in tutte le province”. Secondo il vescovo, la nuova legge permetterà al governo di intervenire laddove si verifichino casi di odio religioso e fanatismo.
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