Non c'è pace in Nicaragua

Nicaragua

Il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, chiede di continuare a impegnarsi per la liberazione di tutti i prigionieri politici e per la pace. In Nicaragua la Chiesa è in prima linea da quattro decenni per stemperare le tragiche lacerazioni sociali e politiche.

Una vicenda complessa

Nel martoriato paese latinoamericano è stato soprattutto Giovanni Paolo II, anche attraverso il suo infaticabile “pontificato itinerante”, a richiamare i fedeli ad una corretta appartenenza alla Chiesa.  Ernesto Cardenal fa parte di un “trio” di preti che furono nominati ministri nel governo del Nicaragua dopo la rivoluzione sandinista. Gli altri sono il fratello Ernesto, poeta e a sua volta sacerdote, e soprattutto Miguel d’Escoto Brockmann, uno dei maggiori portavoce della Teologia della Liberazione, nominato ministro degli Esteri, mentre Fernando era ministro dell’istruzione ed Ernesto dell’educazione: da ministro e anche prima, condusse una delle più grandi campagne di alfabetizzazione che l’America Latina ricordi. “Una fotografia è un po’ il simbolo di quello che accadeva negli anni 80. Si vede Giovanni Paolo II all’aeroporto di Managua ammonire severamente Ernesto Cardenal- ricostruisce Nicola Stella-.Padre Ernesto Cardenal si inginocchia davanti a papa Wojtyla, che lo ammonisce severamente. Lo stesso Ernesto Cardenal, che oggi ha 91 anni, ricostruì in questo modo l’accaduto: “Dopo i saluti di protocollo, compresi quelli della guardia d’onore e della bandiera, il Papa chiese al presidente Daniel Ortega, se poteva salutare anche i ministri. Naturalmente gli fu detto di sì; così il Papa si diresse verso di noi. Affiancato da Daniel e dal cardinal Casaroli cominciò a dare la mano ai ministri e, quando si avvicinò a me, io feci quello che, anche su consiglio del nunzio, avevo previsto di fare se si fosse verificato questo caso: togliermi il basco e inginocchiarmi per baciargli l’anello. Ma egli non permise che glielo baciassi e, brandendo il dito come fosse un bastone, mi disse in tono di rimprovero: “Lei deve regolarizzare la sua situazione”. Siccome io non risposi, tornò a ripetere la brusca ammonizione”.

La condizione attuale 

Un invito a “coloro che hanno influenza a livello sociale e politico” a continuare ad adoperarsi affinché nel 2020 siano liberate tutte “le persone private della libertà”, è stato rivolto all'Epifania dal cardinale Leopoldo Brenes. Ha anche chiesto alle autorità e ai gruppi di potere, riferisce Fides di iniziare a lavorare per la pace e di smettere di “squalificare gli altri”. E ha aggiunto: “Spero che continuino a fare i loro sforzi affinché quest'anno 2020 le nostre carceri possano essere liberate da quelle persone che sono private della loro libertà” ha detto il cardinale Brenes subito dopo l'Eucaristia celebrata ieri nella parrocchia Jesus Sacramenteto, a Managua. “Credo che ciò che ci manca è il senso d'unità come nazione; non c'è un progetto di paese. Il problema esiste perché non abbiamo amore per la patria, per il nostro paese” ha concluso. L'Epifania, come festa cattolica, è molto sentita fra la popolazione nicaraguense, monsignor Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa, nella celebrazione nella sua diocesi, ha sottolineato che il senso di unità del Nicaragua si trova nel popolo: “L'unità del Nicaragua è già iniziata nel popolo, perché è il popolo nicaraguense a fare la sua storia, non dobbiamo aspettare che l'unità venga dall'esterno, è il popolo che deve continuare a rafforzare i legami di unità”.

Carceri piene di oppositori 

La situazione dei prigionieri politici in Nicaragua, evidenzia l'agenzia missionaria, continua ad essere tesa. Dopo il rilascio da parte del governo di un gruppo di 91 prigionieri politici poco prima di concludere il 2019, le minace contro i leader contadini, sindacalisti e universitari, non solo sono continuate ma anzi aumentate. Molti dei prigionieri politici “liberati” hanno denunciato una costante persecuzione e l’aggressione dei gruppi militari nei loro confronti: scritte dipinte sulle pareti delle loro case, spari durante la notte davanti a casa, con la presenza di auto militari e di gruppi a piedi. Secondo la nota inviata a Fides, la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR) ha chiesto misure speciali di protezione per più di 15 persone che sono state arrestate nel tentativo di portare aiuti umanitari ai parenti dei prigionieri politici in sciopero della fame. Sebbene non si conosca il numero preciso dei prigionieri politici ancora in carcere, la testimonianza di quelli liberati la sera del 30 dicembre sottolinea l’impegno, con perseveranza, discrezione ed insistenza, del nunzio apostolico, per la liberazione dei detenuti politici come stabilito all'inizio dei dialoghi con il governo.

Azione diplomatica

“Il nunzio non ha mai rinunciato, non ha mai smesso di insistere su quanto si era accordato e accettato, liberare tutti i prigionieri politici” ha detto José Adán Aguerri, membro dell'Alleanza Civica parlando ad una radio locale. Commento che poi ha scritto anche su Twitter il 30 dicembre 2019: “Oggi siamo pieni di speranza. Grazie a Dio stanno liberando i prigionieri politici, inclusi coloro che portavano acqua alla chiesa di padre Roman. Un riconoscimento speciale al nunzio apostolico per il suo lavoro umanitario e la sua partecipazione a questo sforzo”.