Il Pontefice condanna la “follia omicida” del terrorismo

“La pace è un dono, una sfida e un impegno. Un dono perché essa sgorga dal cuore stesso di Dio; una sfida perché è un bene che non è mai scontato e va continuamente conquistato; un impegno perché esige l’appassionata opera di ogni persona di buona volontà nel ricercarla e costruirla. Non c’è, dunque, vera pace se non a partire da una visione dell’uomo che sappia promuoverne lo sviluppo integrale. Questo è dunque il mio auspicio per l’anno appena iniziato”. Con queste parole Papa Francesco ha concluso il suo discorso, insolitamente lungo, al corpo diplomatico accreditato presso la S. Sede in occasione del tradizionale scambio di auguri per il nuovo anno nella Sala Regia. Il Pontefice ha fatto un’ampia panoramica dei conflitti esistenti nel mondo, di quella “terza guerra mondiale” a pezzi citata tante volte, partendo dal centenario della Grande Guerra, l’”inutile strage”, come la definì nella sua lettera del 1. agosto 2017 Benedetto XV.

Preoccupazione per l’Europa

“Se per molti oggi la pace sembra, in qualche modo, un bene scontato, quasi un diritto acquisito a cui non si presta più molta attenzione, per troppi essa è ancora soltanto un lontano miraggio – ha sottolineato il Papa – Milioni di persone vivono tuttora al centro di conflitti insensati. Anche in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura”. Anche in quell’Europa che appare “pacificata”. “Di fronte alle spinte disgregatrici, è quanto mai urgente aggiornare “l’idea di Europa” per dare alla luce un nuovo umanesimo basato sulle capacità di integrare, di dialogare e di generare, che hanno reso grande il cosiddetto Vecchio Continente – ha detto Francesco – Il processo di unificazione europea, iniziato dopo il secondo conflitto mondiale, è stato e continua ad essere un’occasione unica di stabilità, di pace e di solidarietà tra i popoli. In questa sede non posso che ribadire l’interesse e la preoccupazione della Santa Sede per l’Europa e per il suo futuro”. Il Papa ha fatto riferimento ai colloqui per la riunificazione di Cipro, che riprendono proprio oggi, ma anche all’Ucraina, per la quale il Pontefice auspica che “si prosegua con determinazione nella ricerca di soluzioni percorribili per la piena realizzazione degli impegni assunti dalle Parti e, soprattutto, si dia una pronta risposta alla situazione umanitaria, che rimane tuttora grave”.

Grato all’Italia

Un capitolo a parte è stato riservato all’Italia, in virtù dei profondi legami con la S. Sede. Il Papa, esprimendo ancora vicinanza ai terremotati, ha ringraziato le autorità del nostro Paese sia per l’impegno profuso durante il Giubileo, per garantire sicurezza, sia per lo sforzo, comune a nazioni come Grecia, Germania e Svezia, per accogliere i migranti.

Il dramma dei migranti

A questo proposito, Il S. Padre ha ribadito che “non si può ridurre la drammatica crisi attuale ad un semplice conteggio numerico. I migranti sono persone, con nomi, storie, famiglie e non potrà mai esserci vera pace finché esisterà anche un solo essere umano che viene violato nella propria identità personale e ridotto ad una mera cifra statistica o ad oggetto di interesse economico. Il problema migratorio è una questione che non può lasciare alcuni Paesi indifferenti, mentre altri sostengono l’onere umanitario, non di rado con notevoli sforzi e pesanti disagi, di far fronte ad un’emergenza che non sembra aver fine”. Tuttavia il Papa ha riaffermato che “gli stessi migranti non devono dimenticare che hanno il dovere di rispettare le leggi, la cultura e le tradizioni dei Paesi in cui sono accolti. Un approccio prudente da parte delle autorità pubbliche non comporta l’attuazione di politiche di chiusura verso i migranti, ma implica valutare con saggezza e lungimiranza fino a che punto il proprio Paese è in grado, senza ledere il bene comune dei cittadini, di offrire una vita decorosa ai migranti, specialmente a coloro che hanno effettivo bisogno di protezione”.

Focolai di guerra e corsa nucleare

Quanto ai conflitti, rinnovando l’appello “alla comunità internazionale perché si adoperi con solerzia per dare vita ad un negoziato serio, che metta per sempre la parola fine” alla guerra in Siria “che sta provocando una vera e propria sciagura umanitaria”, il Pontefice è tornato a condannare il “deprecabile commercio delle armi”, chiedendo di debellarlo insieme alla “continua rincorsa a produrre e diffondere armamenti sempre più sofisticati. Notevole sconcerto destano gli esperimenti condotti nella penisola coreana, che destabilizzano l’intera regione e pongono inquietanti interrogativi all’intera comunità internazionale circa il rischio di una nuova corsa alle armi nucleari. Rimangono ancora molto attuali le parole di san Giovanni XXIII nella Pacem in terris, allorché affermava che “saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari”.

Dialogo tra Israele e Palestina

Il Papa ha inoltre rinnovato il suo “pressante appello affinché riprenda il dialogo fra Israeliani e Palestinesi, perché si giunga ad una soluzione stabile e duratura che garantisca la pacifica coesistenza di due Stati all’interno di confini internazionalmente riconosciuti. Nessun conflitto può diventare un’abitudine dalla quale sembra quasi che non ci si riesca a separare. Israeliani e Palestinesi hanno bisogno di pace. Tutto il Medio Oriente ha urgente bisogno di pace!”. Francesco ha poi auspicato ogni sforzo per incoraggiare i negoziati di pacificazione in Paesi come Libia, Sudan, Sud Sudan, Repubblica Centroafricana e Congo, Iraq e Yemen oltre al Myanmar. E ancora ha auspicato per il Venezuela soluzioni sul modello di quelle adottate in Colombia.

In difesa dei bambini

Altri due passaggi importanti sono stati riservati dal Pontefice ai bambini e al terrorismo. “Nel mondo – ha detto – ci sono ancora troppe persone, specialmente bambini, che soffrono per endemiche povertà e vivono in condizioni di insicurezza alimentare – anzi di fame – mentre le risorse naturali sono fatte oggetto dell’avido sfruttamento di pochi ed enormi quantità di cibo vengono sprecate ogni giorno. I bambini e i giovani sono il futuro, sono coloro per i quali si lavora e si costruisce. Non possono venire egoisticamente trascurati e dimenticati. Per tale ragione, come ho richiamato recentemente in una lettera inviata a tutti i Vescovi, ritengo prioritaria la difesa dei bambini”. Allo stesso tempo, il Papa è tornato a condannare l’abominio della tratta delle persone definita “orribile forma di schiavitù moderna”. “Nemica della pace – ha aggiunto – è una tale “visione ridotta” dell’uomo, che presta il fianco al diffondersi dell’iniquità, delle disuguaglianze sociali, della corruzione”. Francesco ha ricordato l’adesione della S. Sede alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Corruzione e ha citato l’enciclica di Paolo VI “Populorum progressio”, di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario, in cui “ricordava come tali disuguaglianze provochino discordie. “Il cammino della pace passa attraverso lo sviluppo” che le autorità pubbliche hanno l’onere di incoraggiare e favorire, creando le condizioni per una più equa distribuzione delle risorse e stimolando le opportunità di lavoro soprattutto per i più giovani”.

Nessun alibi per i terroristi

Durissima, infine, la condanna del terrorismo soprattutto se ispirato da sedicenti motivazioni religiose: “Siamo consapevoli di come ancor oggi, l’esperienza religiosa, anziché aprire agli altri, possa talvolta essere usata a pretesto di chiusure, emarginazioni e violenze. Mi riferisco particolarmente al terrorismo di matrice fondamentalista, che ha mietuto anche lo scorso anno numerose vittime in tutto il mondo – ha detto il Papa – Si tratta di una follia omicida che abusa del nome di Dio per disseminare morte, nel tentativo di affermare una volontà di dominio e di potere. Faccio perciò appello a tutte le autorità religiose perché siano unite nel ribadire con forza che non si può mai uccidere nel nome di Dio. Il terrorismo fondamentalista è frutto di una grave miseria spirituale, alla quale è sovente connessa anche una notevole povertà sociale. Esso potrà essere pienamente sconfitto solo con il comune contributo dei leader religiosi e di quelli politici. Ai primi spetta il compito di trasmettere quei valori religiosi che non ammettono contrapposizione fra il timore di Dio e l’amore per il prossimo. Ai secondi spetta garantire nello spazio pubblico il diritto alla libertà religiosa” oltre alla “responsabilità di evitare che si formino quelle condizioni che divengono terreno fertile per il dilagare dei fondamentalismi. Ciò richiede adeguate politiche sociali volte a combattere la povertà, che non possono prescindere da una sincera valorizzazione della famiglia, come luogo privilegiato della maturazione umana, e da cospicui investimenti in ambito educativo e culturale”.

La diplomazia vaticana

Sono 182 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Il 9 dicembre 2016 si sono allacciate relazioni diplomatiche con la Repubblica islamica di Mauritania, a livello di Nunziatura Apostolica e di Ambasciata. Ai summenzionati Stati vanno aggiunti l’Unione Europea e il Sovrano Militare Ordine di Malta. Le Cancellerie di Ambasciata con sede a Roma, incluse quelle dell’Unione Europea e del Sovrano Militare Ordine di Malta, sono 88, essendosi aggiunte nel corso dell’anno le Ambasciate di Palestina, in seguito all’entrata in vigore dell’Accordo globale tra la Santa Sede e lo Stato di Palestina del 26 giugno 2015, e di Malesia. Hanno sede a Roma anche gli Uffici della Lega degli Stati Arabi, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati