Il Papa: “Servono imprenditori di carità”

Cento anni di storia della vostra azione sono un traguardo importante, che non può passare sotto silenzio”. Un discorso denso e carico di spunti quello di Papa Francesco alla Confederazione delle Cooperative italiane, ricevuta nell'Aula Paolo VI in Vaticano e rappresentante ideale dei suoi oltre 528 mila posti di lavoro. Un ente ispirato dall'enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII che “in maniera profetica ha aperto la grande riflessione sulla dottrina sociale della Chiesa. La sua è stata un’intuizione fiorita sulla convinzione che il Vangelo non è relegabile solo a una parte dell’uomo o della società, ma parla a tutto l’uomo, per renderlo sempre più umano”. Una storia che il Pontefice definisce “preziosa” perché rende concrete le parole del Papa attraverso “un serio e generoso impegno” secolare, “un forte segno di speranza quando la dottrina sociale della Chiesa non rimane una parola morta o un discorso astratto, ma diventa vita grazie a uomini e donne di buona volontà, che le danno carne e concretezza, trasformandola in gesti personali e sociali, concreti, visibili e utili”.

Imprenditori di carità

Trasformare la predica di pastori e teologi in beni concreti: su questa missione Papa Francesco ha incentrato buona parte del suo discorso, ribadendo a più riprese che il modello cooperativo della Confederazione, “proprio perché ispirato alla dottrina sociale della Chiesa, corregge certe tendenze proprie del collettivismo e dello statalismo, che a volte sono letali nei confronti dell’iniziativa dei privati; e allo stesso tempo, frena le tentazioni dell’individualismo e dell’egoismo proprie del liberalismo”. Un esempio per gli uomini del nostro tempo, “che hanno bisogno di scoprirsi non solo 'prenditori' di bene, ma 'imprenditori' di carità”. Anche per questo, ha spiegato il Santo Padre, “il modello di cooperativa sociale è uno dei nuovi settori sui quali oggi si sta concentrando la cooperazione, perché esso riesce a coniugare, da una parte, la logica dell’impresa e, dall’altra, quella della solidarietà: solidarietà interna verso i propri soci e solidarietà esterna verso le persone destinatarie”. Un modo di “vivere il modello cooperativo” che “esercita già una significativa influenza sulle imprese troppo legate alla logica del profitto, perché le spinge a scoprire e a valutare l’impatto di una responsabilità sociale”.

Il miracolo della speranza

Una logica, quella della cooperazione basata sulle relazioni e non sul profitto, che “va controcorrente rispetto alla mentalità del mondo. Solo se scopriamo che la nostra vera ricchezza sono le relazioni e non i meri beni materiali, allora troviamo modi alternativi per vivere e abitare in una società che non sia governata dal dio denaro, un idolo che la illude e poi la lascia sempre più disumana e ingiusta”. Ma, precisa il Pontefice, “il vantaggio più importante ed evidente della cooperazione è vincere la solitudine che trasforma la vita in un inferno. Quando l’uomo si sente solo, sperimenta l’inferno. Quando, invece, avverte di non essere abbandonato, allora gli è possibile affrontare ogni tipo di difficoltà e fatica. Il nostro mondo è malato di solitudine. Per questo ha bisogno di iniziative che permettano di affrontare insieme ad altri ciò che la vita impone. Camminando e lavorando insieme si sperimenta il grande miracolo della speranza: tutto ci sembra di nuovo possibile. In questo senso la cooperazione è un modo per rendere concreta la speranza nella vita delle persone”.

Sconfiggere l'indifferenza

Sperimentare quella prossimità che Gesù ha insegnato nel Vangelo, significa “impedire che l’altro rimanga in ostaggio dell’inferno della solitudine” e non restare indifferenti davanti ai drammi che ogni giorno coinvolgono persone e famiglie: “Ognuno, secondo le proprie possibilità, deve impegnarsi a togliere un pezzo di solitudine agli altri. Va fatto non tanto con le parole, ma soprattutto con impegno, amore, competenza”. Va ricordato che la cooperazione è un modo “per scoperchiare il tetto di un’economia che rischia di produrre beni ma a costo dell’ingiustizia sociale. È sconfiggere l’inerzia dell’indifferenza e dell’individualismo facendo qualcosa di alternativo e non soltanto lamentandosi. Chi fonda una cooperativa crede in un modo diverso di produrre, di lavorare, di stare nella società… Il 'miracolo' della cooperazione è una strategia di squadra che apre un varco nel muro della folla indifferente che esclude chi è più debole”.

Priorità al tema della donna

“Una società che diventa muro – dice ancora il Papa -, fatta dalla massa di tanti individui che non pensano e non agiscono come persone, non è in grado di apprezzare il valore fondamentale delle relazioni”. E, in un contesto di globalizzazione, è necessario “comprendere l’importanza di far acquisire abilità professionali e offrire percorsi di formazione permanente, specialmente a quelle persone che vivono ai margini della società e alle categorie più svantaggiate”. E il Santo Padre parla delle donne che, “nel mondo globale, portano il peso della povertà materiale, dell’esclusione sociale e dell’emarginazione culturale. Il tema della donna dovrebbe tornare a essere tra le priorità dei progetti futuri in ambito cooperativo. Non è un discorso ideologico. Si tratta invece di assumere il pensiero della donna come punto di vista privilegiato per imparare a rendere la cooperazione non solo strategica ma anche umana. La donna vede meglio che cos’è l’amore per il volto di ognuno”.