Il Messico si ribella al Pontefice: “Offensive le sue parole”

Papa

Una mail del Papa rischia di scatenare un vero e proprio caso diplomatico. La storia è questa: il 21 febbraio scorso Bergoglio ha inviato un messaggio al suo amico e legislatore di Buenos Aires, Gustavo Vera, a capo di un’importante Ong argentina in cui mostrava preoccupazioni per il rischio di una “messicanizzazione” della sua terra natale, cioè una pericolosa escalation dei narcotraffico, esattamente come avvenuto negli ultimi mesi nel Paese del centro America. “Mentre ero a colloquio con i vescovi messicani la cosa mi ha messo paura – ha scritto il Pontefice – ma siamo ancora in tempo”.

La mail è stata mandata in risposta a una precedente dello stesso Vera, candidato alla guida di Baires. Nel testo il politico lo informava della crescita “senza tregua del narcotraffico e le sue prossime denunce in merito” che sta preparando con la sua onlus. La notizia non ci ha messo molto a arrivare a Città del Messico, dove ha scatenato l’ira del governo locale, pronto a presentare una protesta ufficiale in Vaticano. Il segretario agli Esteri, José Antonio Meade, ha detto di essersi incontrato con il nunzio vaticano nel paese, Christophe Pierre, per informarlo della nota. “Esprimiamo tristezza e preoccupazione rispetto alle comunicazioni che in apparenza sono state fatte, in riferimento a una lettera privata di papa Francesco” ha detto Meade. Il Paese “ha ripetutamente dimostrato il suo impegno a combattere i cartelli, e ci sono cose più produttive da fare che cercare di stigmatizzare il Messico”.

Sulla questione è intervenuto anche il cardinale Alberto Suarez Inda che ha definito “audaci” le parole di Francesco “le sue parole sono figlie di un pensiero comune – ha spiegato – e mi dispiace che il Papa e l’Europa non considerino il Messico un buon esempio in questo momento”. Secondo il porporato l’immagine del Messico si può ricostruire solo con “umiltà, pazienza e strategie intelligenti”. Ma il Pontefice ha sollevato un problema reale, in Messico la mala cresce ed ha allungato i suoi tentacoli anche su politica e istituzioni. Ne da testimonianza quanto avvenuto pochi mesi fa a 43 studenti nella città di Iguala, sequestrati e barbaramente uccisi con il beneplacito della classe dirigente locale. Un caso che ha portato all’arresto, come mandante della strage, del sindaco della città.