La gente di Lesbo – pescatori, contadini, umili fedeli ortodossi – non è rimasta indifferente. Il gesto vandalico avvenuto qualche giorno fa, con il favore delle tenebre, per mano di ignoti, ha suscitato un'ondata di sdegno nell'isola greca. La grande croce in cemento distrutta il 7 ottobre, “fracassata con odio” come riferiscono alcuni abitanti locali, è stata rimessa in piedi, poggiata su grosse pietre, in modo che possa essere eretta sebbene con una leggera inclinazione.
Costruita a inizio settembre su una roccia a picco sul mare sotto il castello di Mitilene, è stata da ignoti, anche se ci sono alcune ipotesi sulle motivazioni. Il riferimento è alla protesta che l'ong “Coesistenza e comunicazione nell’Egeo”, secondo Lesvos news, avrebbe manifestato nei confronti del simbolo cristiano. Una delle organizzazioni che accoglie immigrati sull'isola (che attualmente sono oltre 6.500) aveva chiesto al sindaco di rimuoverla perché avrebbe infastidito i musulmani presenti a Lesbo. Un residente del posto citato dalla stampa locale, ha detto: “Questa croce ha i ferri, è di cemento. Qualcuno è andato e l'ha spezzata. Questo è odio. E' inaccettabile”.
Qualche giorno prima della devastazione, una ong impegnata ad accogliere immigrati sull'isola, aveva protestato per la presenza del simbolo. In un testo aveva scritto: “Il crocifisso è stato eretto per impedire ai migranti e rifugiati di venire qui a nuotare. Questo atto è illegale e offensivo soprattutto verso il simbolo della cristianità, che è un simbolo di amore e sacrificio, non razzismo e intolleranza”. Ma nella missiva si dimentica che è anche un simbolo di identità, specie in Grecia, la cui prima versione della bandiera, croce bianca su sfondo azzurro, fu tessuta, benedetta e issata nel 1807 dai monaci del monastero Evangelistria, sull'isola di Skiathos, dove si erano rifugiati molti eroi rivoluzionari che stavano combattendo per liberare il popolo ellenico, cristiano, dal giogo ottomano.
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