Gerusalemme, dopo l’attentato i rabbini tornano nella sinagoga

Il giorno seguente l’attentato nella sinagoga di Har Nof a Gerusalemme, in cui due arabi hanno ucciso quattro rabbini, centinaia di fedeli sono tornati a pregare nello stesso luogo in cui è avvenuta la tragedia. La preghiera collettiva è stata trasmessa in diretta tv, di fronte a un paese scosso dall’ondata di violenze e tensioni che nelle ultime settimane hanno coinvolto la Città Santa.
Questa notte, in ospedale, è morto anche Zidan Sif, il poliziotto 30enne che era stato ferito ieri. Padre di 5 figli, il ragazzo era stato il primo a raggiungere il posto al momento dell’attentato.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha poi riunito per la seconda volta il gabinetto di sicurezza finalizzato a discutere sulla situazione: l’invito ai leader dei gruppi d’opposizione – arabi esclusi – è stato quello di unirsi in un governo di unità nazionale. Intanto, però, si fa sempre più vicino e concreto il rischio che si verifichi una nuova intifada.
Questa notte le truppe israeliane hanno abbattuto la casa del palestinese Abed al-Rahman al-Shaludi, artefice dell’incidente automobilistico che il 22 ottobre scorso travolse un gruppo di persone alla fermata del tram; presto, poi, sarà il “turno” dell’abitazione dei due cugini palestinesi autori dell’attacco in sinagoga.

Ma a Gerusalemme resta la tensione: poche ore più tardi della preghiera collettiva, infatti, un centinaio di bambini di non più di dieci anni sono scesi in strada nella parte orientale della città, incendiando pneumatici, lanciando pietre contro la polizia e bloccando l’ingresso di Shuafat. Nel frattempo, poi, il confine tra la Striscia di Gaza ed Egitto è teatro di intensi scontri, in cui alcuni razzi hanno colpito una palazzina abitata da civili, a Rafah, causando 15 morti tra cui diverse donne e bambini. Non è ancora chiaro se si sia trattato di un attentato dell’esercito, che è impegnato nei raid contro gli jihadisti della zona, o del lancio di razzi Hawn da parte di estremisti islamici.