Primo italiano positivo al coronavirus: è uno dei rimpatriati da Wuhan

C'è un primo caso di contagio da coronavirus per una persona di nazionalità italiana, riscontrato in una delle 56 rientrate due giorni fa dalla città di Wuhan, in Cina, il focolaio dell'epidemia. L'uomo era stato trasferito già in giornata dalla Cecchignola, dove era stato accolto assieme agli altri italiani rimpatriati, all'ospedale Lazzaro Spallanzani per svolgere degli accertamenti a seguito di un esame in cui erano stati rivelati alcuni elementi sospetti: “Il paziente – ha comunicato la Direzione Sanitaria dell'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive del nosocomio romano – in buone condizioni generali presentava un modesto rialzo termico. Gli accertamenti sono ancora in corso”. Il premier Giuseppe Conte ha reso noto un incontro svolto alla Protezione Civile per fare il punto della situazione, “una riunione di aggiornamento” annunciata ai cronisti all'uscita dal Senato e alla quale è presente anche il ministro della Salute Roberto Speranza.

Diamond Princess

Salgono a 61 i casi di positività al coronavirus registrati sulla nave da crociera Diamond Princess della Carnival Japan nella baia di Yokohama, in quarantena al largo del Giappone. Lo rendono noto i media locali. In totale, le autorità sanitarie hanno sottoposto a test 273 persone a bordo della nave. “I risultati dei restanti 171 test – ha spiegato il ministro della Salute, Katsunobu Kato – hanno dato altre 41 positività. Oggi saranno trasportati negli ospedali in diverse prefetture, e ora ci stiamo preparando per questo. In totale, su 273 analisi, 61 sono risultati positivi”. A bordo della nave ci sono anche 35 italiani di cui 25 membri dell'equipaggio, compreso il comandante. Ieri la Farnesina ha precisato che non c'erano italiani tra i primi 20 trovati positivi. Si attendono i nuovi risultati.

Il medico che diede l'allarme

Nel frattempo, dalla Cina è arrivata la conferma del decesso di Li Wenliang, il medico cinese che, per primo, diede l'allarme sulla diffusione del coronavirus senza però essere ascoltato. La notizia era stata annunciata dall'Organizzazione mondiale della sanità, salvo essere poi smentita da alcuni media statali cinesi, per poi essere confermato definitivamente dall'ospedale dove il medico era ormai da giorni ricoverato in gravi condizioni. Prima di essere riabilitato dalla magistratura, l'oculista 34enne era stato vittima di una feroce campagna denigratoria da parte delle autorità, subendo anche pene detentive per aver diffuso l'allarme una volta intuita la pericolosità del virus: “Siamo molto tristi di annunciare la perdita del medico – dichiarato Matthew Ryan, direttore esecutivo Oms – e vogliamo ringraziare tutti i lavoratori che sono in prima linea, i medici e tutti coloro che abbiamo perso”. Il dottor Wenliang, ripercorre il Pechino Global Times, “è uno degli otto medici che avevano cercato di avvertire i colleghi dell'epidemia di coronavirus ma erano stati redarguiti dalla polizia locale“. L'oculista dopo aver dato l'allarme era stato fermato dalla polizia, minacciato. Screditato dalle autorità, arrestato insieme ai sette colleghi che avevano messo in guardia amici e conoscenti, prima che la magistratura e la società lo riabilitasse facendone un eroe. Simbolo del silenzio del governo davanti all'emergenza, stroncato proprio dal virus che aveva cercato di combattere.