Angelus, il Papa: “Le cose andranno meglio se lavoreremo per il bene comune”

Il Santo Padre ricorda che Dio si è fatto carne per unirsi alle nostre fragilità. Per questo "invitiamolo, affinché veda le nostre piaghe"

Papa Angelus
Foto © Vatican Media

“Come cristiani rifuggiamo dalla mentalità fatalistica o magica: sappiamo che le cose andranno meglio nella misura in cui, con l’aiuto di Dio, lavoreremo insieme per il bene comune, mettendo al centro i più deboli e svantaggiati. Non sappiamo che cosa ci riserverà il 2021, ma ciò che ognuno di noi e tutti insieme possiamo fare è di impegnarci un po’ di più a prenderci cura gli uni degli altri e del creato, la nostra casa comune”. E’ un saluto intenso quello che Papa Francesco rivolge al termine dell’Angelus domenicale. La seconda domenica dopo Natale, in ui “la Parola di Dio non ci offre un episodio della vita di Gesù, ma ci parla di Lui prima che nascesse”.

Verbo, quindi Parola

Nella pagina evangelica odierna, si fa un passo indietro “per svelarci qualcosa su Gesù prima che venisse tra noi”. Specie nel prologo del Vangelo di Giovanni, in cui si spiega che “in principio era il Verbo”. In principio, ricorda il Santo Padre “sono le prime parole della Bibbia, le stesse con cui comincia il racconto della creazione… Oggi il Vangelo dice che Colui che abbiamo contemplato nel suo Natale, come bambino, Gesù, esisteva prima: prima dell’inizio delle cose, prima dell’universo, prima di tutto. Egli è prima dello spazio e del tempo”.

Verbo, quindi Parola. “La parola serve per comunicare: non si parla da soli, si parla a qualcuno. Sempre si parla a qualcuno… Ora, il fatto che Gesù sia fin dal principio la Parola significa che dall’inizio Dio vuole comunicare con noi, vuole parlarci… Il Figlio unigenito del Padre vuole dirci la bellezza di essere figli di Dio; è ‘la luce vera’ e vuole allontanarci dalle tenebre del male… Ci ama tutti. Ecco lo stupendo messaggio di oggi: Gesù è la Parola, la Parola eterna di Dio, che da sempre pensa a noi e desidera comunicare con noi”.

Carne, quindi fragilità

Ma per farlo è andato oltre le parole. La Parola si fece carne, come recita il Vangelo. “Utilizza la parola carne perché essa indica la nostra condizione umana in tutta la sua debolezza, in tutta la sua fragilità. Ci dice che Dio si è fatto fragilità per toccare da vicino le nostre fragilità. Dunque, dal momento che il Signore si è fatto carne, niente della nostra vita gli è estraneo”.

Carne per comunicarci l’amore nelle nostre fragilità, “proprio lì, dove noi ci vergogniamo di più… È audace questo, è audace la decisione di Dio: si fece carne proprio lì dove noi tante volte ci vergogniamo; entra nella nostra vergogna, per farsi fratello nostro, per condividere la strada della vita”.

Aprire il proprio cuore

Dio, spiega Papa Francesco, “si fece carne e non è tornato indietro. Non ha preso la nostra umanità come un vestito, che si mette e si toglie. No, non si è più staccato dalla nostra carne. E non se ne separerà mai: ora e per sempre Egli è in cielo con il suo corpo di carne umana. Si è unito per sempre alla nostra umanità“. Non è dunque venuto a visitarci, ma ad abitare e stare con noi.

E per noi, dunque, “desidera una grande intimità. Vuole che noi condividiamo con Lui gioie e dolori, desideri e paure, speranze e tristezze, persone e situazioni. Facciamolo, con fiducia: apriamogli il cuore, raccontiamogli tutto. Fermiamoci in silenzio davanti al presepe a gustare la tenerezza di Dio fattosi vicino, fattosi carne. E senza timore invitiamolo da noi, a casa nostra, nella nostra famiglia. E anche – ognuno lo sa bene – invitiamolo nelle nostre fragilità. Invitiamolo, che Lui veda le nostre piaghe. Verrà e la vita cambierà”.