Afghanistan, a Doha lo sprint verso la pace

Afghanistan

Giornata importante a Doha, in Qatar, dove la delegazione dei Taliban ha raggiunto quella degli Stati Uniti, con l'obiettivo di firmare l'accordo che, almeno nelle intenzioni, porrà fine ai 19 anni di guerra in Afghanistan. Un accordo che andrà a sugellare la parziale tregua già in vigore da qualche giorno, ovvero dal momento in cui Washington ha concordato con i talebani una “riduzione della violenza“. Più in generale, la firma della tregua definitiva rappresenterà l'atto conclusivo di un lungo ed elaborato percorso di pace, condotto perlopiù in Qatar e che si tradurrà sostanzialmente in due condizioni necessarie: la smobilitazione quasi totale dei contingenti americani in Afghanistan e la garanzia, da parte dei talebani, a fare in modo che nessuna organizzazione terroristica pianifichi attentati all'estero. Presupposti che per la prima volta in 19 anni, ossia dopo gli attentati a New York e Washington dell'11 settembre 2001, sembrano fattibili.

Le trattative

Più complessa, dopo il ritiro progressivo degli Usa (che dovrebbero lasciare in loco non più di 4 mila uomini per il contrasto sul campo alle organizzazioni terroristiche), si presenta la trattativa fra gli studenti coranici e il governo di Kabul, il quale ha inviato a Doha rappresentanti non di primo piano: l'obiettivo, stavolta, sarà arrivare a un compromesso politico che possa garantire quella stabilità sufficiente a impedire una nuova guerra civile. Mission tutt'altro che semplice, anche in virtù delle controverse elezioni che hanno portato a Kabul l'attuale presidente Ashraf Ghani (tuttora contestato dal rivale Abdullah Abdullah) e dell'ostilità mostrata dal nuovo leader rispetto alle trattative con gli americani, oltre che per i trascorsi dei Taliban che, nel '96, fecero irruzione a Kabul uccidendo l'allora presidente Mohammad Najibullah. Ancora viva memoria, inoltre, del periodo della guerra civile e dell'Emirato islamico dell'Afghanistan guidato dal mullah Omar, che ha di fatto contribuito a forgiare un'intera generazione nel concetto della guerra civile. Uno step che potrebbe ora essere superato, anche grazie al supporto fondamentale, nel raggiungere l'intesa, della mediazione dell'inviato speciale della Casa Bianca, Zalmay Khalizad, diplomatico dalla cittadinanza afghana e americana.