VUOI IL MIO POSTO?
PRENDI IL MIO HANDICAP

disabilità

Un messaggio di un’ironia amara. Uno schiaffo alla maleducazione, al mancato rispetto delle regole che è anche assenza di riguardo per la persona e scivola troppo spesso nell’intolleranza e nella sopraffazione. Monteverde, quartiere storico di Roma, il titolare di un parcheggio per disabili si è visto costretto ad affiggere un cartello sotto quello comunale che dovrebbe garantire il posto riservato. “Vuoi il mio posto? Prendi il mio handicap”. Un segnale dei tempi, dove proprio la violazione del codice della strada è indice di degrado culturale e morale. Occupare con il proprio veicolo il parcheggio riservato ai diversamente abili è ormai consuetudine. Così come quello di intralciare i passaggi dei marciapiedi impedendo a carrozzine e semplici pedoni di poter scendere dallo stesso. La sosta in doppia fila è diventata normalità e il sopruso è considerato diritto.

Si stima che in Italia vi siapark_handicapno circa 2 milioni 824 mila disabili, di cui 960 mila uomini e 1 milione 864 mila donne. Di questi, circa 165.500 vivono in presidi socio-assistenziali: si tratta prevalentemente di anziani non autosufficienti (circa 41mila persone), il 77% dei quali donne. Il numero di disabili (di 6 anni o più) che vive in famiglia è di circa 2 milioni 615mila unità, pari al 4,85% della popolazione. Di questi, 894mila sono maschi (3,4% della popolazione) e 1 milione 721mila femmine (6,2% della popolazione). Per loro esiste una possibilità di vita soddisfacente, anche al di là dei propri limiti fisici. Possono guidare, spostarsi; oggi esistono sistemi particolari – omologati proprio da pochissimi giorni, alla fine di gennaio 2015 – che consentono – grazie agli studi della Dal Bo Mobility – la guida non solo a chi ha problemi motori classici, ma anche a chi ha soffre di focomelia o distrofia muscolare. Autovetture adattate, addirittura moto. Se solo la società che gli sta intorno fosse culturalmente preparata, la loro vita sarebbe normale nel senso pieno del termine. E invece così non è. Di pochi giorni fa la notizia di un esercente romano finito sotto processo per aver rimosso in via dei Banchi vecchi, al centro della Capitale, il cartello dei disabili per far posto ai tavolini del bar.

“Il mio secondo tempo – come usa dire Pietro Martire, in carrozzella dopo una caduta avvenuta durante una partita di calcio, dove si è rotto la 5^ e la 6^ vertebra – lo sto giocando da protagonista. Non mi pesa l’handicap, anzi. Credo di essere a 36 anni un uomo migliore di quando ero normodotato. Faccio una vita normale, sport, anche attività estreme. E giro per le scuole, per raccontare a tutti che un disabile è una persona come un’altra, con capacità diverse. E che la più grave disabilità esistente è l’ignoranza”.


Sua è l’idea di creare un’associazione, “Oltre il muro”, che avesse come scopo proprio l’educazione dei più piccoli. “Nei miei incontri con ragazzini delle medie e della quarta e quinta elementare, racconto la mia storia, spiego la normalità di una vita con handicap, e mi concentro anche sul problema dei parcheggi. Quella infatti è la spia di un malcostume, di un disinteresse, di un’ignoranza che a volte sono più devastanti dell’handicap stesso. Ho creato un concorso di disegni (nella fotogallery) sul tema dell’usurpazione dei parcheggi per disabili dal titolo “Vuoi il mio parcheggio? Vuoi anche il mio handicap?”. Le realizzazioni migliori diventano anch’essi veri e propri cartelli da sistemare sotto al divieto ufficiale. E devo dire che tra le nuove generazioni ho trovato molta più disponibilità di quanta non ce ne sia in giro…”

Ciò che Pietro ha vissuto sulla sua pelle potrebbe far pensare a un destino crudele: un evento sfortunato si è abbattuto su una persona che stava vivendo la sua giovinezza con le aspettative e i desideri di ogni uomo. Pietro dopo il trauma è riuscito a volgere la sua diversa abilità a suo favore, nonostante l’impossibilità dell’uso di gambe e di alcune parti del corpo. Ha fatto leva sulla sua forza d’animo per fare breccia nei cuori e dimostrare che esiste anche una disabilità mentale, che frena tutti in modo diverso, ma può essere superata con la speranza e la tenacia.