TAJANI: “COSI’ L’EUROPA PUO’ FERMARE LA TRATTA”

Il grande appuntamento con la Via Crucis per le donne crocifisse, vittime della tratta e della prostituzione coatta, insieme a tantissima gente, che ha percorso le vie della Garbatella a Roma, ha visto anche la partecipazione di molte autorità civili, tra cui il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani. In Terris lo ha intervistato.

Onorevole Tajani, cosa può fare l’Europa per fermare la piaga della schiavitù a scopi sessuali di tante ragazze?

“Intanto bisogna risolvere il problema a monte. Sono anni che dico che o si investe con una strategia seria in Africa, con miliardi di euro, oppure il problema non si risolve. Perché è legato all’immigrazione adesso di centinaia di migliaia di persone, in futuro di milioni se non risolviamo la questione. Pensiamo ad aspetti come la presenza di Boko Haram in Nigeria, la siccità e la carestia in Somalia, la situazione in Niger o nella Repubblica Centrafricana, il deserto che si mangia chilometri quadrati di terreno coltivato… ci sarà sempre gente che fuggirà da queste situazioni e tutti quanti coloro che speculano sulla disperazione di queste persone cercano di fare affari in tutti i modi, facendo attraversare il deserto e il Mediterraneo, e poi sfruttandole quando arrivano qui, soprattutto le ragazze, che quando pensano di essere arrivate ad avere la libertà o quanto meno una condizione di vita migliore rispetto a quella che avevano nel loro Paese, scoprono invece che la situazione è peggiore perché i mercanti di carne umana continuano a fare i mercanti di carne umana. Va stroncato il traffico dei migranti”.

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In che modo?

“Servono sicuramente controlli maggiori ma il problema dell’Africa va risolto in Africa, con investimenti e una strategia europea a lungo termine  che intervenga su vari fronti”.

Eppure l’Europa sembra aver dimenticato cosa sia la solidarietà.

“Non è solo questione di solidarietà ma anche di integrazione delle persone, delle ragazze, impedire che vadano a finire in mezzo alla strada, impedire che vengano trattate come merce da vendere. Ma, ripeto, serve una strategia da ampio raggio. Qui siamo solo terminali. E’ come la questione immigrazione e terrorismo: non dobbiamo guardare il problema a valle, lo dobbiamo risolvere a monte. Altrimenti sarà difficile farlo”.

Ma c’è la volontà politica di attuare una strategia comune?

“Intanto la guerra alla povertà è uno degli obiettivi che ci siamo posti, una delle scelte dell’Unione europea. Adesso è in discussione in Parlamento una proposta della Commissione per investire di più in Africa ma non è sufficiente. A mio parere occorre uno sforzo molto più grande se vogliamo evitare che accadano fenomeni come questo della tratta che è una parte, drammatica, del problema. Poi ce ne sono tante altre”.

Cosa è possibile fare in concreto?

“Bisogna realizzare veri campi controllati, dove ci siano medici, alimenti per i bambini, alimenti per le persone, ci siano ospedali da campo, difesi dalle polizie. L’Europa se si dà una politica estera ha le possibilità di garantire la sicurezza di simili strutture che forse bisognerebbe realizzare a sud del deserto, in modo che non ci siano altri sfruttamenti. Poi si tratta di sostenere tutti i centri che aiutano queste ragazze, che hanno bisogno di essere sottratte dalle mani del racket della prostituzione e della droga. Tuttavia affrontiamo il problema quando è già diventato un dramma: bisogna risolverlo prima”.

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Ha fatto riferimento al terrorismo. L’ultimo tragico episodio è quello di Stoccolma.

“Non dobbiamo abbassare la guardia, dobbiamo collaborare di più soprattutto sulla prevenzione. Guardate cosa è successo a Venezia: grazie alla prevenzione sono state arrestati tre persone che stavano per fare un attentato al ponte di Rialto. La prevenzione dev’essere fatta a livello europeo. I terroristi non conoscono frontiere, neanche la collaborazione europea deve averne. Servono maggiori sforzi da parte dei servizi segreti, delle polizie e delle magistrature. O si fa così o rischiamo di non farcela.E serve anche la collaborazione dei Paesi da cui si muovono i terroristi. Stiamo attenti a quello che succede nei Balcani perché in quella parte di Europa stanno arrivando molti reduci di Mosul e di Raqqa e l’area rischia di diventare sempre più una polveriera”.

Come la Siria…

“E’ una situazione drammatica, dobbiamo evitare l’escalation, ormai quello che è successo è successo. C’è stata un’azione americana di reazione ora si tratta di lavorare per la pace e l’Europa deve far sentire la sua voce, non può stare a guardare, non può non essere protagonista. Sarà un vero banco di prova per quello che abbiamo detto e scritto il 25 marzo a Roma quando abbiamo firmato in occasione dei 60 anni dei Trattati un testo che ci impegna tutti quanti. Ho detto che il Parlamento europeo verificherà l’applicazione dei punti e uno è proprio quello di avere un’Europa più forte nel mondo: in questo caso dobbiamo essere più forti e capaci di lavorare per portare la pace e lenire una ferita che rischia di essere esplosiva”.