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SIRIA, LA FOTO CHE HA COMMOSSO IL MONDO

Le mani alzate al cielo, gli occhi sgranati e si morde le labbra. Così appare nella foto la piccola Hudea, una bambina siriana di quattro anni, nella foto che le ha scattato Osmar Sagirli, un foto-giornalista turco. La fotografia scattata a dicembre all’interno del campo profughi siriano Atmeh, è apparsa per la prima volta in rete nel mese di gennaio, ma solo recentemente e grazie ad un tweet è diventata virale in internet.

È stata twittata decine di migliaia (quasi 20mila volte) di volte e postata su Reddit e Facebook. Ma la sua vera storia è venuta fuori quando la Bbc ha intervista l’autore della foto, il quale ha raccontato che si trovava in Siria per un viaggio di lavoro e voleva scattare una foto alla piccola. L’obiettivo della sua macchina fotografica era di grandi dimensioni e anche un po’ ingombrante e quando ha inquadrato Hudea lei si è spaventata.

In realtà la piccola ha pensato che si trattasse dell’ennesimo soldato che le puntava un’arma contro ed ha alzato le braccia in segno di resa. Alcuni già considerano la piccola il simbolo della crisi siriana che dura da oltre quattro anni. La paura e l’angoscia che trapelano dal suo volto testimoniano le condizioni in cui vivono i bambini, e non solo, della Siria.

Secondo l’Unicef sarebbero 5,6 milioni i bambini siriani che hanno urgente bisogno di assistenza sanitaria. Dati che trovano conferma nel rapporto “The cost of war” pubblicato il 31 marzo dall’ong Save The Children, secondo il quale sarebbero oltre tre milioni i minori che non hanno la possibilità di andare a scuola. In oltre quattro anni di guerra il tasso di iscrizioni nelle scuole è più che dimezzato, nell’area di Aleppo i bambini che frequentano la scuola sono appena il 6%. Un’altra delle cause è la mancanza di insegnanti, in parte morti in parte fuggiti a causa dei combattimenti. Per poter ristrutturare le strutture scolastiche che hanno subito danni o sono state distrutte, o provvedere alla formazione di nuovi insegnanti sarebbero necessari oltre 3,2 miliardi di dollari.

Manuela Petrini

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