MERCENARI

C’è una strana casualità temporale con cui la giunta Marino sciorina le sue pseudo-rivoluzioni culturali. E’ accaduto quando, all’apertura del Sinodo sulla Famiglia, il Campidoglio ha deciso di registrare – contro ogni norma di legge – 16 matrimoni gay. Pensare a una coincidenza era arduo già allora, ma ora c’è la controprova di una precisa strategia. Mentre la Chiesa cattolica, infatti, attraverso la diocesi del Papa, svolge una veglia di preghiera contro tutte le forme di schiavitù, compresa la prostituzione coatta, con testimonianze molto forti pronunciate nella basilica dei SS.Apostoli piena di gente (ma senza la presenza delle istituzioni capitoline), nello stesso istante e in concomitanza con la domenica nella quale si celebra la Prima Giornata Internazionale contro la Tratta di esseri umani, Marino propone i quartieri a luci rosse.

“Libereremo l’Eur dalla prostituzione selvaggia”, ha detto il presidente di circoscrizione Andrea Santoro, e per farlo ha pensato bene di togliere le ragazze dalla strada per metterle in un unico posto, chiamiamolo pure un ghetto, appena fuori città. Non è stato detto riscatteremo dalla schiavitù della prostituzione, nemmeno affrancheremo tutte le giovani costrette a una vita che non hanno scelto, ma solo eliminare la presenza “selvaggia”, quella cioè che può dare fastidio all’ipocrita decoro cittadino.

L’annuncio è stato fatto a Roma dopo averne parlato con l’assessore capitolino Francesca Danese: «Abbiamo avuto su questa idea un incontro costruttivo – ha spiegato il minisindaco dell’Eur – l’approccio mi è sembrato molto positivo, concreto e poco ideologico”. Al di là delle zone tollerate saranno previste multe ai clienti, fino a 500 euro, che saranno trovati in compagnia delle prostitute.

Ma questa idea dell’amministrazione romana arriva fuori tempo massimo rispetto agli eventi storici. La Germania, ad esempio, considerata oggi il più grande mercato della prostituzione dell’Unione Europea, poco più di un decennio fa ha legalizzato quello che è comunemente detto ”il mestiere più antico del mondo”. L’obiettivo della legge era difendere le prostitute dallo sfruttamento, dare loro tutela legale e “metterle in regola”, con i conseguenti diritti e doveri, tra cui il dovere di pagare le tasse. Il risultato? Bordelli legali e a tariffe forfettarie e tutto compreso, donne che lavorano in condizioni economiche sempre più svantaggiate, impiegate a ritmi estenuanti e costrette a ogni tipo di prestazione sessuale, traffico di esseri umani in aumento, grande affluenza di ragazze dall’estero, soprattutto dall’Est europeo, mentre, nonostante tutto, la prostituzione di strada è sempre presente. Sono conclusioni tratte dalla lunga inchiesta pubblicata dal settimanale tedesco Spiegel, un vero e proprio viaggio nella Germania a luci rosse.

In Olanda non va meglio: nel 2007 – anni dopo la rimozione del divieto sulle “case chiuse”, datata 1° ottobre 2000 – il Ministero della Giustizia olandese ha commissionato un report, noto come studio “Daalder”, per fotografare la situazione. Dalle sessanta pagine del report sono emersi quattro punti drammatici: 1) nessun miglioramento significativo delle condizioni delle persone che si prostituiscono; 2) Il benessere delle donne che esercitano la prostituzione è peggiorato rispetto al 2001 in tutti gli aspetti considerati; 3) È aumentato l’uso di sedativi; 4) Le richieste di uscita da questo settore sono state numerose eppure solo il 6% dei comuni, di fatto, offre l’assistenza necessaria. Da allora a oggi la situazione è peggiorata.

Il modello adottato in Svezia, in Norvegia e Islanda, invece, è quello che sembra dare i maggiori risultati: la prostituzione è vietata sempre sia al chiuso che all’aperto. Vengono perseguiti i clienti in quanto la prostituzione viene comunque considerata una forma di violenza nei confronti della donna, anche quando questa sia consenziente.

Per affrontare il fenomeno della prostituzione dunque – sotto il profilo scientifico e non dottrinale – bisogna osservare, ed agire, sapendo ciò che accade in altri Paesi europei: ossia contrastando la domanda e istituendo un sistema di multe progressive per i clienti. Al contrario, tutte le politiche libertarie – e libertinarie – hanno fallito.

E così il Comune di Roma si sente all’avanguardia, ignorando volutamente l’azione di Papa Francesco che appena poco tempo fa è riuscito a far firmare in Vaticano, insieme ai rappresentanti delle altre religioni mondiali – anglicani, ortodossi, buddisti, indù, ebrei e musulmani – una dichiarazione comune per l’impegno delle fedi all’eliminazione entro il 2020 della schiavitù moderna e della tratta.

Per i più laici, vale la pena ricordare le parole di Giuliano Amato, nelle quali equiparava clienti e papponi, mettendoli sullo stesso piano, entrambi schiavisti. Se il fenomeno non si ferma attraverso la domanda – ha detto Amato – l’offerta continua.

Ecco dunque, ignorando appelli interreligiosi, studi europei, posizioni istituzionali, Marino e la sua giunta invece di andare verso il futuro, con la scusa del progresso ci stanno riportando ai tempi pre-legge Merlin. Uno schiaffo alla logica, oltre che alla morale (intendendo con essa l’esigenza insopprimibile di liberare chi è in schiavitù). Altro che passo in avanti…