Manifattura tessile in carcere: il progetto di “Marinella” per le detenute di Pozzuoli

Cravatte famose quelle del marchio “Marinella”, di ottima fattura, indossate nel nostro Paese e in tutto il mondo, per un vero e proprio esempio di alta qualità made in Italy. Una produzione che, dopo essersi imposta sul mercato internazionale, è pronta a volgere il proprio sguardo al mondo delle carceri, coinvolgendo le detenute della Casa circondariale femminile di Pozzuoli nell’attività di confezionamento del notissimo capo d’abbigliamento. Un’idea avuta dall’omonimo amministratore unico dell’azienda, Mario Marinella, il quale ha deciso di indirizzare l’attività produttiva della sua impresa all’interno di una realtà fortemente bisognosa di attenzione. L’obiettivo è consentire alle donne detenute di utilizzare lo strumento dell’industria tessile per riqualificare se stesse e apprendere un mestiere utile al futuro reinserimento nel contesto sociale, forti di un’esperienza manifatturiera di prim’ordine.

Convogliare i propri sforzi, durante il periodo detentivo, in una mission importante e di responsabilità, può rappresentare davvero un’occasione fondamentale per riallacciare il rapporto con la propria vita e avviare un percorso di reintegrazione in società che possa contare su una formazione di tutto rispetto con un’azienda di rilevanza nazionale e internazionale. Una chance possibile grazie al protocollo d’intesa stipulato tra la stessa impresa e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: “Il lavoro penitenziario – ha spiegato il presidente, Santi Consolo – va implementato con progetti di qualità e con il sostegno del mondo imprenditoriale esterno. Questa è la strada da seguire, se vogliamo realmente abbattere la recidiva. Il fine pena deve essere il momento in cui la persona riprende in mano la propria vita e sceglie di vivere nella legalità”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’amministratore della “Marinella”, ideatore del progetto e promotore dell’iniziativa di recupero sociale delle detenute di Pozzuoli: “Era nostro desiderio contribuire concretamente alla sfida della formazione del tessuto sociale disagiato di Napoli, sfida che spero si estenda all’Italia. E’ un onore, come terza generazione dell’azienda “E. Marinella” che porta il mio nome, poter dare una possibilità a chi è stato meno fortunato di altri”. In questo contesto si inserisce non solo il desiderio di offrire un’opportunità di ripartenza a molte persone in difficoltà a livello umano e sociale, ma anche la creazione di sensibili economie di spese. Alla base dell’intero progetto, però, risiede senza dubbio la volontà di fornire alle detenute un percorso di laboratorio formativo e propedeutico a un reinserimento nel mondo del lavoro. Le cravatte prodotte, verranno successivamente utilizzate come parte della divisa assegnata al personale carcerario.