L’UOMO CHE RECUPERA I MATTI

Hanno lo sguardo perso nel vuoto, il viso scavato dalla sofferenza e dalla fame. Li trovi vicino a un albero o appoggiati a grossi ceppi di legno piuttosto che a blocchi di cemento. Se ti avvicini si possono scorgere le catene che, nel migliore dei casi segnano le loro caviglie, ma a volte sono strette intorno ai loro colli, incatenati nella foresta come animali e abbandonati al loro destino, costretti a vivere di stenti e in mezzo ai loro escrementi. Uno schiaffo alla dignità umana. Purtroppo non è la scena di un film, ma si tratta di una delle realtà africane. Sono persone affette da patologie psichiatriche o da crisi epilettiche, ripudiate in primis dalla loro famiglia e poi dalla società.

Questo perché in Africa, in particolar modo nei piccoli villaggi, ciò che non si conosce o porta scompiglio nell’ordine quotidiano alimenta paure e timori, spesso legati a un cultura che fonda le sue basi sull’ignoranza, nelle superstizioni e nelle tradizioni popolari.
Nei grandi centri abitati in realtà la situazione non è migliore.

I malati mentali vengono denudati e abbandonati per le vie cittadine, perché è questa “la divisa da matto”, e da soli devono provvedere a trovarsi un riparo e del cibo. In alcuni casi le famiglie affrontano giorni di viaggio per abbandonare gli infermi in modo da essere sicuri che “l’indemoniato” non riesca a tornare a casa. In altre situazioni, presi dal timore di essere contagiati, si rivolgono a santoni o a “sette sataniche” che, dietro un lauto compenso, si farebbero carico del malato psichiatrico; in realtà l’unico conforto che viene offerto a queste persone è un invito a pregare costantemente, in modo da indurre lo spirito malvagio ad abbandonare il corpo.

Proprio dall’incontro con una persona che vagava senza vestiti per la città alla ricerca di cibo nella spazzatura, nasce la missione di Gregoire. Cattolico e battezzato, nasce in Nigeria il 10 gennaio del 1953, nel corso degli anni si trasferisce in Costa D’Avorio dove, grazie al suo lavoro di riparatore di pneumatici, conosce un periodo di prosperità economica. Poi il suo allontanamento dalla chiesa, fino a quando in un pellegrinaggio a Gerusalemme un sacerdote riesce a toccare la sua anima. Contrariamente a quanto gli usi e costumi del luogo impongono, gli si avvicina e riconosce in lui “il Cristo della sua religione”.

Così inizia a girare per le città e le foreste per salvare questi uomini. In un primo momento cerca di farsi accettare dalle famiglie dei malati, che lo credono uno stregone. Dopo aver intavolato una vera e propria trattativa con il capo villaggio o con i nuclei familiari, i malati vengono slegati e portati nei centri di accoglienza. Il percorso di riabilitazione è lungo e complesso. Prima di tutto vengono lavati, vestiti e nutriti, poi vengono curati. Lo scopo è quello di riabilitarli e consentire così la loro reintroduzione nella società.

La storia di Janvier ne è un esempio. Era incatenato al collo ma Gregoire lo ha liberato e curato. Piano piano è tornato a vivere e ha imparato a lavorare le bacche delle palme da olio con una macchina che poi gli verrà regalata. Una volta rientrato nel suo villaggio di origine l’uomo ha dato il via a un’attività che li ha resi indipendenti economicamente.

È nel 1983 che nasce l’associazione Saint Camille de Lellis, creata proprio da Gregoire insieme a un gruppo di amici e alla sua famiglia; lo scopo è quello di fornire sostegno spirituale e assistenza ai malati, portare cibo e acqua ai tanti che vagano nudi per le città. Creano strutture aperte, senza cancelli o sbarre e rappresentano il primo passo verso la guarigione per chi viene liberato dai ceppi o dalle catene. A dargli una mano – insieme a molte altre – c’è l’Associazione di solidarietà internazionale Jobel di Udine, grazie alla quale sono stati aperti altri centri sia nello stato del Benin che in Costa d’Avorio.