Bassa, anziana, possibilmente con i baffi, che insegna nelle scuole e utilizza la “bacchettata sulle mani” come strumento educativo: questa è la figura della suora nell’imaginario comune. Ma sempre più spesso siamo costretti a ricrederci, vedendo delle testimonianze alternative, che ci spiazzano, costringendoci a guardare oltre i luoghi comuni. E non ci riferiamo solo a Suor Cristina, vincitrice della seconda edizione di “The Voice of Italy”, ma anche a Suor Anna Nobili, “ballerina di Dio”.
“La danza e la musica mi sono sempre piaciute – ha raccontato la ragazza, nata a Milano 35 anni fa – erano per me una condizione di vita non verbale”. Così inizia ad unire la sua passione con la bellezza, lavorando come cubista e intrattenitrice nei locali notturni della capitale lombarda. Una vita dorata: divertimento, soldi, esperienze fuori dall’ordinario, ma qualcosa la turbava: “Mi accorgevo che gli uomini mi guardavano soprattutto per il mio corpo”.
Lentamente, inizia un’inversione di rotta. Non una folgorazione sulla “via di Damasco”; è la mamma, infatti, che le chiede di smettere di frequentare certi locali, e inaspettatamente, di andare in chiesa insieme, di avvicinarsi a Dio. “All’inizio non ne volevo sapere”, ricorda; si rifiutava di percorrere questa strada, rimaneva in discoteca fino alla mattina, rigettando ogni contatto con Dio. “Poi, senza una spiegazione logica, una notte sono andata in chiesa” dove Anna ha visto altri giovani che pregavano e si abbracciavano felici. La gioia che esprimevano era diversa dalla frenesia provata nei locali: non era divertimento sfrenato, ma qualcos’altro, di molto più profondo. Forse è stata proprio la potenza di quell’emozione a farla fuggire dal luogo inizialmente, prima di tornarvi per raccogliersi in preghiera. Così è cominciato un lungo e difficile percorso che l’ha portata a prendere i voti perpetui, nell’ordine delle Operaie della Santa Casa di Nazareth.
In un primo momento la novizia crede di non poter conciliare la sua vocazione con la passione per la musica. Per cui ci rinuncia, pensando di dover esprimere diversamente la propria vena artistica. Ma non è quello che pensano le sue consorelle. Se quello è il suo carisma, le dicono, allora deve seguirlo senza 
pentirsene. “E’ stato Gesù a spingermi a danzare di nuovo” afferma oggi ripensando a quei momenti che le cambiarono la vita. Da quell’esperienza Anna comprende che il suo corpo è molto di più di quanto pensasse e che ballare non serve solo ad essere al centro dell’attenzione ma può esprimere in maniera non verbale l’Amore di Dio, l’armonia e la bellezza di cui ci ha circondato. Uno schiaffo a chi crede che la propria fisicità sia buona solo per mettersi su un piedistallo, al di sopra degli altri. Ma uno schiaffo anche a chi pensa che la preghiera sia unicamente quella che si recita in ginocchio, o al massimo in un momento solitario di estasi contemplativa.
In breve tempo la sua religiosità, espressa attraverso pose, passi e piroette, viene conosciuta anche al di fuori del monastero. Tanto che il suo vescovo le propone di fondare una scuola di ballo, idea che lei sposa immediatamente, aprendo “Holy Dance”.
Danza Sacra. Rievoca quasi un sapore antico di vestali, che danzavano nella foresta per le loro divinità, ma il significato è totalmente nuovo: questa forma d’arte ci consente, infatti, di manifestare ciò che di più profondo c’è nell’essere umano, cioè la santità di Dio. Ballare diventa allora una missione educativa, “Credo che un danzatore prima ancora di danzare una parte, debba avere scoperto chi è, quale tesoro possiede nel proprio corpo” spiega Suor Anna. Gli obiettivi dell’istituto sono alti: non si parla solo di allenamento fisico, divertimento, benessere o dimagrimento, ma ci si concentra sulla valorizzazione di ogni persona, vista come essere unico al mondo e quindi dono per la società. Il talento di ciascuno, pertanto, viene messo al servizio dell’edificazione comune.
