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COME GOOGLE STA COMBATTENDO L’ISIS

L’Isis combatte due guerre. Una sui campi di battaglia di Medio Oriente, Nord Africa e Asia e nelle città europee. L’altra nei meandri della rete, là dove il messaggio di violenza e supremazia del Daesh esercita un’inquietante attrazione nei confronti di giovani musulmani in fuga dalla propria terra o emarginati nelle nostre città. La seconda non è meno pericolosa della prima, giacché è attraverso il reclutamento che il jihad ingrossa le sua fila e rappresenta, nonostante le cocenti sconfitte militari subite nell’ultimo periodo, ancora una minaccia.

Tra video, magazine online, profili social di simpatizzanti e militanti il tam tam è continuo. E il messaggio recepito da chi decide d’imbracciare il kalashnikov o diventare martire della “guerra santa”  è che tutte le atrocità commesse siano l’inevitabile conseguenza della lotta per un ideale. Uno schiaffo alla religione, uno mistificazione che costa migliaia di vittime ogni anno.

Per porre un argine al fenomeno i colossi del web sono scesi in campo. Da tempo Facebook e Twitter intervengono per cancellare e segnalare gli account direttamente o indirettamente riconducibili al gruppo terroristico guidato da Al Baghdadi. Da qualche giorno in campo è sceso anche Google. Lo strumento cui si è affidato il gigante di Mountain View per combattere questa battaglia si chiama Redirect Method ed è stato messo a punto da Jigsaw, l’incubatore tecnologico di proprietà della società californiana.

Utilizza una forma di pubblicità mirata attraverso YouTube, per indirizzare le aspiranti reclute a contenuti che li allontanino dall’ideologia jihadista. “L’idea è venuta dopo l’osservazione di tutto il materiale del Califfato che circola online”, spiega Yasmin Green, responsabile della ricerca e dello sviluppo di Jigsaw che è stata colpita dalla testimonianza di una ragazza di 13 anni londinese che stava abbandonando la sua famiglia per lo Stato Islamico. “Mi ha detto che guardava delle foto online e le è sembrato di andare incontro ad una sorta di Disneyworld islamica – aggiunge -. Nessuno di noi ha mai pensato questo dopo avere visto i media, ma era quello che invece pensava un adolescente”.

Da qui, l’idea di un software che puntasse ad una sorta di reindirizzamento online e ad una controinformazione mirata per quelle persone più deboli e vulnerabili alla propaganda dell’Isis. In pratica, Redirect Method inserisce dei messaggi pubblicitari accanto ai risultati di ricerca e alle parole chiave che vengono inserite online più frequentemente dalle persone attratte dal Califfato. Questi annunci, in arabo e in inglese, portano a video su YouTube preesistenti che Jigsaw crede possano annullare il “lavaggio del cervello” subito in Rete: testimonianze di ex estremisti o imam che denunciano la corruzione dell’Islam operata dallo Stato islamico.

Un progetto pilota del programma Redirect Method è stato portato avanti a inizio del 2016: nel corso di due mesi, più di 300mila persone sono state condotte ad un’informazione anti-Isis. Secondo le stime dei ricercatori, gli utenti hanno cliccato su questi contenuti fino a quattro volte di più delle classiche campagne pubblicitarie. E questo mese Jigsaw sta provando a rilanciare una seconda fase del progetto, concentrandosi prevalentemente negli Stati Uniti e applicando il metodo anche ai messaggi razzisti.

Se il sistema ideato da Google dovesse sortire gli effetti sperati il jihad internazionale verrà sconfitto nell’unico campo in cui può ancora mostrarsi forte: quello della propaganda ad ampia diffusione. E internet manderà un messaggio forte: la rete è nata per cambiare il nostro modo di vivere in meglio, non per prestarsi al gioco di chi la sfrutta per diffondere messaggi contrari ai valori universali di pace, tolleranza e dignità.

Francesco Volpi

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