ALUNNI MASCHI CON LA GONNA: IL GENDER AVANZA IN GRAN BRETAGNA

Nel Regno Unito potrà presto diventare comune incontrare giovani studenti maschi con la gonna. No, non è il celebre kilt, il tradizionale gonnellino indossato dagli uomini come abito da cerimonia. Si tratta piuttosto dell’ennesimo passo, mosso stavolta dai college d’Oltremanica, verso l’indifferenziazione sessuale. Le dirigenze scolastiche hanno infatti deciso: gli alunni maschi potranno scegliere di indossare divise femminili e viceversa.

Gender a scuola

Il Sunday Times annuncia che la Highgate School, uno dei più facoltosi istituti privati di Londra, attivo fin dal 1565 nell’istruzione dei rampolli della società britannica dai tre ai diciotto anni, è l’ultimo college in ordine di tempo ad aver sposato la causa gender.

Il suo consiglio d’amministrazione ha stabilito che i bambini e le bambine del college saranno liberi di indossare indifferentemente gonna o pantaloni. Secondo la dirigenza della Highgate School, questo è un modo per affrontare il crescente fenomeno di adolescenti ed anche bambini che mettono in dubbio la propria identità sessuale.

Adam Pettitt, direttore della scuola, ha dichiarato al quotidiano inglese: “Le nuove generazioni si stanno chiedendo seriamente se noi abbiamo intenzione o meno di ascoltare quello che hanno da dirci. Se indossando delle gonne i ragazzi saranno più felici e rassicurati su ciò che sono, sarà una buona cosa”.

Critiche

Non tutti sono però del suo stesso avviso. Genitori, educatori e psicologi sono intervenuti per criticare la decisione del celebre college londinese. “Molte persone mi dicono di lasciar stare questi bambini, di lasciare che crescano e capiscano davvero bene cosa vogliono essere”, commenta Pettitt. Che è convinto tuttavia a proseguire sulla sua strada: “Credono che sia troppo presto per loro, ma non hanno capito che si tratta di qualcosa che si sente dentro sin dal momento in cui si riesce a ragionare con il proprio cervello”.

Prossime tappe

Già un primo studente dell’Highgate School ha ricevuto il permesso ad indossare l’uniforme femminile. Ma la “rivoluzione gender” è solo all’inizio. Il Sunday Times riporta che le prossime tappe che la dirigenza scolastica intende perseguire sono l’abbattimento delle distinzioni tra maschi e femmine nella pratica sportiva e la soppressione dei bagni suddivisi in base al sesso degli alunni.

La scelta dell’Highgate School ha suscitato polemiche, benché non si tratti di un caso isolato nel Regno Unito. Come scrive il Sunday Times e riporta il sito italiano OsservatorioGender.it, l’anno scorso sono stati ottanta gli istituti britannici che hanno permesso ai propri alunni di indossare divise del sesso opposto al loro.

Il via libera del governo

L’impennata va attribuita all’indicazione del governo britannico nei confronti delle scuole ad introdurre uniformi “gender neutral”, a cui è seguito, un anno fa, uno stanziamento di fondi da parte del Dipartimento per l’Istruzione al fine di promuovere la fluidità sessuale tra gli studenti del Regno Unito.

La linea dell’esecutivo è stata recepita pochi giorni dopo dal Girls Schools Association, che riunisce presidi di scuole femminili britanniche, il quale ha diffuso un documento nel quale si invitano gli insegnanti a usare il termine neutro “pupils” per chiamare studenti e studentesse, nonché ad istituire bagni unisex.

Fondi per cambiare sesso

Londra già da tempo ha deciso di destinare copiosi fondi per la causa gender. Prova lampante è che dal 2014 il Sistema nazionale britannico si fa carico dei costi delle consulenze psicologiche e della somministrazione di farmaci per ritardare la pubertà a bambini di nove anni che soffrono di “disforia di genere”, ossia che si sentono a disagio con la propria identità sessuale biologica. Nei primi nove mesi del 2015, sono stati spesi 2,6 milioni di sterline di soldi pubblici per sottoporre oltre mille bambini a questo tipo di terapie.

Chi ci guadagna

Non è ancora chiaro se l’esplosione di queste terapie corrisponda a una reale emergenza o si tratti piuttosto di una sorta di moda. Fatto sta che il governo britannico sta assecondando così una tendenza culturale promossa da grandi gruppi di pressione Lgbt e da alcune multinazionali dell’ecommerce. Persuase, queste ultime, dal grosso giro d’affari che ruota attorno allo stile di vita omosessuale, dai profitti potenziali derivanti dalle biotecnologie applicate alla riproduzione umana, dalla vendita di ovociti, dall’affitto di uteri e dalla tecnoscienza.