A Padova chiude la mensa del carcere. I detenuti perdono la speranza oltre il lavoro

Non sono i protagonisti di Masterchef, ma sono riusciti a raggiungere ottimi risultati i “cuochi detenuti” che hanno cucinato nelle mense delle carceri ( non solo quelle padovane) grazie al progetto sperimentale che ha offerto loro l’opportunità di un lavoro vero, messo in piedi nel 2003 dal Consorzio Giotto di Padova ha ricevuto i fondi dal Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia). Al termine dello scorso anno è stata concessa una proroga dal Ministro Orlando a seguito delle numerose richieste dei coordinatori delle Cooperative. Ma ora lo stop per assenza di fondi impedisce di proseguire.

Il quadro finanziario del paese non è certo florido ma forse meriterebbe un maggiore approfondimento la questione che imputi i tagli a questa sezione. Questa iniziativa in dieci anni ha condotto esclusivamente dati positivi non solo per aver concesso ai detenuti una grande occasione di reinserimento progressivo nel tessuto sociale, ma anche per essersi prospettata come soluzione al sovraffollamento delle carceri. “170 persone più una quarantina di operatori esterni perderanno il posto di lavoro, e termina ingloriosamente una buona prassi che ci invidia tutto il mondo. È anche, forse ma speriamo di no, l’inizio del delinearsi di un vero e proprio smantellamento del lavoro penitenziario”, dichiara il Coordinamento delle Cooperative in un comunicato stampa.

I lavoratori del carcere di Padova, quelli di Officina Giotto, non intendono perdere la speranza “non vogliamo farcela rubare, non gli permetteremo di rubarcela”, afferma ancora il comunicato. “Come diceva Giovannino Guareschi non moriamo neanche se ci ammazzano”. Sembra che le decisioni del governo siano state prese con troppa leggerezza, senza soffermarsi sull’importanza vitale di non affondare un decennio di dura ricostruzione della dignità dei detenuti, tema che sta tanto sa cuore all’ex presidente Napolitano e a Papa Francesco.