“Firmato da te”: la Chiesa in uscita che diventa “ospedale da campo”

"La vergogna è andare a rubare, chiedere aiuto non è vergogna": l'emergenza pandemia viene raccontata sul piccolo schermo grazie ad un progetto dell'8xmille per la Chiesa Cattolica e a parlare del progetto ad Interris.it è proprio il regista della docu-serie Gianni Vukaj

Trentino

Di origine balcanica e cresciuto ad Arezzo, Gianni Vukaj, dopo la Civica Scuola del Cinema di Milano collabora con Cnn, Al jazeera english, Ap e Rti. Il mix di culture della sua vita è linfa per il suo lavoro. Nel 2015 approda a Tv2000 ed inizia una nuova avventura lavorativa. In tutti questi anni ha però mantenuto sempre il suo stile che non solo gli ha portato ad avere successo nella vita, ma che sopratutto lo ha aiutato a scoprire il mondo e a mettere in luce il vero. Gianni, infatti, con le sue storie mette sempre al centro il protagonista, è “il cinema del reale” dice, “nulla è romanzato e nulla è inventato proprio per dar cercare di mettere in luce ciò che di bello c’è nel mondo che ci circonda”.

Chiesa

“Firmato da Te”, è uno dei suoi ultimi lavori che è andato in onda durante quest’autunno su TV2000 per raccontare, attraverso la voce dei protagonisti, cosa si fa concretamente con l’8xmille destinato alla Chiesa cattolica per seguire le ricadute di un piccolo gesto nel vissuto di persone e luoghi. Un racconto in prima persona, senza filtri, con un montaggio serrato e cinematografico, che coinvolge lo spettatore nelle pieghe delle tante esperienze sostenute dalla carità cristiana.

La Chiesa in uscita

Questo dei docu film è un progetto televisivo sostenuto dal Servizio Promozione Sostegno Economico della CEI. Concepito come percorso formativo per quattro emittenti televisive (Telepace di Verona e Telepace di Roma, Tv Prato, Teledehon di Andria), che hanno partecipato alla realizzazione dei filmati. Il programma mette in luce il valore della gratuità, tocca la carne viva di ferite che spesso non si vogliono vedere, comprende gli sforzi di una Chiesa in uscita, “ospedale da campo” che, anche nell’emergenza, non ha mai smesso di prendersi cura dei più deboli.

Il sostegno dell’8xmille alla Chiesa Cattolica

Ogni anno, grazie alle firme dei contribuenti, si realizzano, in Italia e nei Paesi più poveri del mondo, oltre 8.000 progetti che vedono impegnatisacerdoti, suore e i tantissimi operatori e volontari che quotidianamente rendono migliore un Paese reale, fatto di belle azioni, di belle notizie. Destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica equivale, quindi, ad assicurare conforto, assistenza e carità grazie ad una firma che si traduce in servizio al prossimo. Per questo la Chiesa cattolica, ogni anno, si affida alla libertà e alla corresponsabilità dei fedeli e dei contribuenti italiani per rinnovarla, a sostegno della sua missione.

Interris.it ha incontrato Gianni Vukaj che ha raccontato la sua esperienza e cosa ha significato immergersi in queste storie.

Tutto ciò che riguarda occhi, mani, pancia e tutto quello che riguarda la persona, mi emoziona sempre. Nel mio lavoro cerco sempre di raccontare questo proprio per trasmeettere le emozioni che provo in prima persona. Per me ogni storia è una storia, e vale sempre la pena raccontarla”.

L’importanza dell’immagine

Oggi bisogna scegliere l’immagine vera e autentica. Io amo essere quanto più possibile vicino al protagonista e al reale. Credo sia fondamentale questo. Al centro di queste storie ci sono persone con una grandissima dignità perché andare a chiedere aiuto alla Caritas oggigiorno non è facile. Soprattutto in questa ultima stagione, durante la quale a causa della pandemia in atto, c’è stato un incremento incredibile. Tante persone che prima non erano mai andate alla Caritas, ora si sentono costrette a chiedere aiuto. Tra i tanti racconti c’è, infatti, la testimonianza di una giovanissima coppia. Lei dice “la vergogna è andare a rubare, chiedere aiuto non è vergogna. Oggi è capitato a me, ma domani può capitare a te”. Io non amo coprire particolarmente i volti, c’è condivisione di quello che si fa. Per ogni storia che racconto c’è una particolare studio e poi cerco di non stravolgere mai la realtà o di modificare i rapporti che la Caritas ha con le persone, ne le persone stesse. Coloro che accettano di farsi raccontare in un determinato modo sono sempre persone che lo fanno perché hanno ricevuto e si sentono in dovere di dare speranza e fiducia. L’obiettivo del prodotto è proprio quello che chiunque veda questo format capisca che se ce l’ha fatto una persona ce la può fare chiunque“.

La prospettiva

“Le mie inquadrature hanno un significato particolare. Tendo molto a puntare verso l’alto e a dividere la scena in blocchi. La parte bassa è il passato, la parte centrale è il presente e tutta la parte alta che rimane è il futuro. Quando io scelgo questa cosa è perché in qualche modo percepisco e auguro alle persone che incontro il futuro che si meritano“.

Cosa lascia questo lavoro

“Questa esperienza mi ha lasciato una grandissima fiducia nelle persone e tanta gratitudine perché io ho davvero ricevuto tantissimo. In fondo questo lavoro mi ha anche cambiato perché in qualche modo quando tu tocchi con mano e metti insieme le sofferenze delle persone per poterle trasmettere e raccontare come faccio sembra quasi di bere un bicchiere d’acqua e sentire sempre qualcosa che rimane. Ho avuto la possibilità di vedere il mondo con occhi diversi. Inoltre lavorando con queste persone ho capito che c’è molta più dignità e senso civico nelle persone che hanno perso tutto e piano piano si rialzano che magari in altre persone. Una dignità e una gratitudine incredibile che hanno verso il prossimo e tutto quello che c’è intorno. Mi piace sempre sottolineare che tutti siamo unici e speciali”.