Pd-M5s, trattativa in bilico

L'Italia non capirebbe un rimpastone, il mandato della segreteria è per un governo di discontinuità e discontinuità è anche cambio di persone”. Altro che riapertura: le parole del segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, sembrano tutt'altro che propedeutiche ai buoni rapporti con il Movimento 5 stelle, certificando quelli che erano i sospetti di scarsa conciliabilità tra le parti, non solo sul nome del futuro premier. A ogni modo, il governatore del Lazio cerca di tenere aperti spiragli di dialogo: “Non crediamo nella formula del contratto, bisogna costruire un programma utile. Incontriamoci da domani e parliamo sui contenuti, senza  veti e ultimatum”. Proposta a cui è arrivato in risposta in gelo: “La soluzione è Conte – scrive il M5s in una nota, il taglio dei parlamentari e la convergenza sugli altri 9 punti posti dal vicepremier Luigi Di Maio. Non si può aspettare altro tempo su delle cose semplicemente di buon senso. E' assurdo. L'Italia non può aspettare il Pd“.

La giornata

Conte no, Fico sì. Era questa, come anticipato da fonti del Partito democratico, la linea prediletta per arrivare a dama. Perché dopo il vertice dei capigruppo e la cena informale fra Di Maio e Zingaretti, i colloqui tra Movimento 5 stelle e dem proseguono, con questi ultimi che sembrano considerare l'idea di Roberto Fico come “un ottimo punto di partenza” per raggiungere quell'intesa a cui entrambi i partiti aspirano per formare l'annunciata “maggioranza solida”. L'idea sarebbe emersa nel corso di un vertice interno del Pd e giunta all'attenzione del segretario Nicola Zingaretti dal quale, al momento, non sono arrivate dichiarazioni ufficiali in merito. Di sicuro, sul tavolo dei dem non dovrà finire il nome di Luigi Di Maio, unico su cui il Nazareno avrebbe obiezioni tali in grado di far saltare qualsiasi trattativa. Il problema è che, secondo quanto riferito da fonti pentastellate, “Roberto Fico ricopre l'incarico di presidente della Camera e intende responsabilmente dare continuità al suo ruolo“. Il che farebbe tramontare l'ipotesi di una sua leadership all'esecutivo.

Discussioni

Nemmeno l'ipotesi di un Conte-bis fa fare ai dem i salti di gioia. Zingaretti è stato chiaro fin da subito, affermando fin dall'inizio delle trattative che un esecutivo a guida dell'ex premier non incontrerebbe l'approvazione del Partito democratico anche se, nelle ultime ore, le dichiarazioni arrivate da Biarritz del premier dimissionario sembrerebbero indicare il rafforzamento della sua posizione come uomo di punta dei pentastellati in vista di un'eventuale tornata elettorale. Il che non è forse positivo per i colloqui in corso e, anche per questo, si cerca l'all-in sulla candidatura dell'attuale presidente della Camera, nome terzo che al Pd andrebbe bene e che, visto lo standing istituzionale, potrebbe fare al caso anche dei pentastellati.

Il terzo nome

Tutto dipenderà dalla volontà grillina di allentare l'entusiasmo attorno al nome di Giuseppe Conte, pubblicamente sostenuto da Di Maio durante la relazione al Senato e, vista l'offensiva contro Salvini, improvvisamente diventato icona del M5s, tanto da far ventilare l'ipotesi di una sua candidatura come principale rivale del leader leghista. Circostanza, però, che si verificherebbe nel caso in cui l'intesa coi dem cadesse in archivio, cosa che avverrebbe comunque se il Movimento proseguisse la strada del nome di Conte. E vista l'idea dei dem sul nome di Di Maio, l'impressione è che, a meno di clamorose svolte, sul tavolo ci sia l'aut aut: Fico o niente.