Opinione

Lo sguardo materno della Chiesa all’umanità

Papa Francesco riconosce l’impronta della costituzione “Gaudium et spes”. La Chiesa ha saputo esprimere una comprensione profondamente rinnovata del vangelo della famiglia, che, attraverso varie tappe, ”ci ha condotto fino all’intensa stagione sinodale sfociata nell’esortazione apostolica Amoris laetitia”. Il primo Papa latinoamericano ha ripreso, fintanto ad assolutizzarlo, il metodo induttivo della “Gaudium et spes”. Si partiva, non più dal “centro”, ma dalle “periferie”; non più dall’Occidente, ma dalla tragica condizione dei poveri, dal Sud del mondo. E, da qui, leggere i “segni dei tempi”. E poi, cercare una soluzione cristiana ai nuovi problemi: come la difesa del creato, come l’esigenza di una fraternità e di una solidarietà universali.

La dottrina morale non era più un sistema chiuso, arrivava a toccare temi prima tabù o solo sfiorati: come la possibilità di assumere un atteggiamento di accoglienza e di rispetto per tutti e per ciascuno. Di fatto, tre Papi in qualche modo diversi ma profondamente uniti dall’eredità conciliare Chi guardava di più al cielo, e chi di più alla terra. Chi ha fatto progredire le aperture conciliari, chi meno, e chi invece sta tentando di svilupparle al massimo. Tre Papi diversi, anche perché – finito il monopolio italiano sul papato – provengono da Paesi diversi, da spiritualità diverse, da culture ed esperienze diverse. Il che potrebbe comunque rappresentare un grande arricchimento per la Chiesa universale, se dietro ci fosse un episcopato all’altezza del drammatico momento storico.

La costituzione pastorale Gaudium et spes, secondo Jorge Mario Bergoglio, fu capace di esprimere e dare forma alle intenzioni profonde che guidarono l’indizione e lo svolgimento del Concilio Vaticano II. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. La Chiesa in uscita predicata e testimoniata da Francesco affronta senza paura le nuove sfide pastorali a cui la comunità cristiana è chiamata a rispondere.

Il Pontefice evidenzia la straordinaria rilevanza antropologica e sociale che oggi assume l’alleanza dell’uomo e della donna. E la pone in relazione con l’apertura di un nuovo orizzonte per la convivenza umana nel suo complesso. Ciò esalta la sua originaria vocazione a farsi interprete della benedizione di Dio per l’intera creazione”. Il Magistero richiama la necessità di generare luoghi di incontro e dialogo, anche di alto profilo intellettuale, nei quali sperimentare quanto la comunità ecclesiale sia capace di “dare carne e sangue” alle parole con cui il Vaticano II ha voluto esprimere il suo sguardo agli uomini del proprio tempo”.

Gianfranco Svidercoschi

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