Rispetto alla tormentata vicenda dei soldi europei, il premier Conte (e il suo governo giallo-rosso) pensa di aver vinto la battaglia in Europa atteggiandosi come se fosse Napoleone Bonaparte uscito trionfante dalla battaglia storica di Austerlitz e fa finta di non sapere che i 209 miliardi del Recovery Fund destinati all’Italia non saranno immediatamente disponibili. Se tutto va bene, le prime tranches saranno garantite per la seconda metà del 2021 e a condizione che il piano nazionale delle riforme (ancora in lavorazione) superi l’esame di Comitato economico finanziario, Commissione UE e Consiglio europeo.
Nel frattempo, cosa aspettiamo ad accettare la nuova linea di credito del Mes (Pandemic crisis support) creata appositamente per finanziare i costi diretti e indiretti della sanità e con tassi quasi a zero? Li vogliamo prendere i 36 miliardi di euro disponibili da subito e con l’unica condizionalità di spenderli solo ed esclusivamente per mettere a posto il sistema sanitario italiano? Sarebbe da irresponsabili e da miopi non approfittare di questo strumento eccezionale. Non è che possiamo permetterci di fare consistenti scostamenti di bilancio (nonostante la sospensione dei vincoli del Patto di Stabilità decisa nei scorsi mesi dall’UE) per far saltare i conti dello Stato.
I nostri dati macroeconomici sono allarmanti (e potrebbero peggiorare): con i 25 miliardi di euro destinati al decreto di agosto per coprire le misure già avviate per il lavoro, le sospensioni fiscali, il rifinanziamento del fondo Pmi e il sostegno agli enti territoriali, il deficit ufficiale del 2020 arriva ora quasi al 12% del Pil, mentre il debito pubblico viaggia intorno al 158%. Abbiamo speso male e inutilmente, ricorrendo ai vari bonus e adottando misure assistenzialistiche costose come il reddito di cittadinanza, i navigator, quota 100 (e via dicendo) che non hanno inciso sull’innalzamento del tasso di crescita economica e sociale del nostro Paese. Se avessimo fatto al contrario, a quest’ora non saremmo stati con le chiappe per terra e avremmo avuto più chances e margini per manovre economiche espansive all’altezza dell’Italia.
Per ricostruire il Paese, la vera soluzione (e lo ripetiamo da decenni) sono le riforme, l’eliminazione delle spese improduttive e i privilegi che affossano lo sviluppo ed in particolare: meno burocrazia, meno assistenzialismo, meno interventismo statale nell’economia (compreso il mondo delle municipalizzate dei servizi pubblici essenziali), più investimenti pubblico-privati per la crescita sostenibile delle infrastrutture energetiche e delle reti di telecomunicazione e di quelle per i trasporti nel nostro territorio, più digitalizzazione e innovazione nella pubblica amministrazione per renderla più moderna ed efficiente nell’interesse dei cittadini e delle imprese, più transizione ambientale e più scuola e università. È esattamente quello che vuole l’Unione europea. Intanto, il MES ci serve come il pane.
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