Cosa insegna ancora oggi la Chiesa gerosolimitana

Siamo ormai prossimi alla Solennità di Pentecoste e la prima lettura che il lezionario ci offrirà nella celebrazione mattutina sarà il racconto della teofania testimoniata da Atti degli Apostoli (2, 1 – 11): la grande effusione dello Spirito Santo che farà degli apostoli gli araldi del Vangelo. Se volessimo, però, andare avanti con la lettura vedremmo che dopo l’evento della Pentecoste viene riportato il discorso di Pietro e l’aggregazione di nuovi cristiani (v. 14 – 41), ed infine la vita della prima comunità cristiana (v. 42 – 47). È proprio su quest’ultima che vorrei soffermarmi.

Nel giorno di Pentecoste, aiutati dalla stessa liturgia, chiederemo di ravvivare in noi il dono dello Spirito Santo, tuttavia sarebbe un errore se dimenticassimo che il frutto di tale dono è la comunione, espressa nel racconto dalla disposizione d’animo dei cristiani di Gerusalemme. Difatti, il libro di Atti ci parla di come vivevano nella comunione i primi cristiani, in forza del dono precedentemente ricevuto dagli apostoli e attraverso di loro, con il battesimo, elargito al resto dei credenti in Cristo. Una comunità, quella gerosolimitana, “perseverante nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”, in cui “i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune”, dove ogni giorno erano “insieme nel tempio e, spezzando il pane, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore”.

Alle domande, che in questo tempo molto si sentono, “quale Chiesa dopo la pandemia?” o “Quale Chiesa per l’oggi?”, non farei difficoltà ad indicare come modello la comunità di Gerusalemme che, docile allo Spirito, vive un clima di comunione che si traduce e si corrobora nell’ascolto dell’insegnamento degli apostoli, nello spezzare il pane, nella preghiera comune, nella condivisione dei beni secondo i bisogni di ciascuno. Lungi da me volerla nostalgicamente imitare, credo che non fosse nemmeno nell’intenzione dell’autore di Atti presentare la vita di un gruppo di discepoli come normativa per gli altri, ma assumerla come modello sì.

La Chiesa gerosolimitana, infatti, ha ancora molto da insegnare, come tutto il libro di Atti degli Apostoli, seppur il contesto di allora è differente da quello attuale. Ogni comunità cristiana può cogliere oggi la possibilità di riscoprire nello Spirito la sorgente della comunione che, nutrita dall’ascolto della Parola, dall’Eucarestia, dalla preghiera comune, dalla carità, trova la sua connaturale espressione nella relazione fraterna. Una comunità dove non c’è più, dunque, estraneità ma unità: “la moltitudine di coloro che erano diventati credenti avevano un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32). Ne va anche della capacità evangelizzatrice della Chiesa, che ha nel comandamento dell’amore la sua peculiare forma: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni verso gli altri” (Gv 13, 34 – 35).