Emergono dettagli sempre più inquietanti sul caso di Rebibbia, il penitenziario romano dove una detenuta del braccio femminile ha ucciso entrambi i suoi figli scaraventandoli dalla tromba delle scale che collegano il reparto nido alle altre sezioni del carcere. La più piccola, una neonata di 4 mesi, era morta sul colpo, mentre il fratellino di nemmeno due anni era sopravvissuto per alcune ore, spirando il giorno successivo. I magistrati della Procura di Roma continuano la loro indagine sul reato di duplice omicidio, inoltrando in mattinata la richiesta di convalida dell'arresto per la donna di origini tedesche, reclusa a Rebibbia per reati connessi all'ambito degli stupefacenti. Nella giornata di ieri, a colloquio con il suo avvocato, la donna aveva giustificato l'accaduto in modo confuso e agghiacciante, dicendo che con quel gesto “aveva dato la libertà ai suoi figli”. Ora, secondo quanto affermato dal capo del Dap Francesco Basentini in un documento di relazione sulla vicenda, è emerso che la 33enne “era stata più volte segnalata per alcuni comportamenti, sintomatici di una preoccupante intolleranza nei confronti dei due piccoli”. Per questo motivo, prosegue, il personale carcerario aveva segnalato “la necessità di accertamenti anche di tipo psichiatrico”.
Un dramma sul quale prosegue serrato il dibattito dell'opinione pubblica, specialmente per quanto riguarda la permanenza dei bambini (fino ai tre anni di età) in carcere con le mamme. Le parole della donna hanno rivelato un quadro estremamente grave, ancor di più considerando che il padre dei due bambini, di origini nigeriane, è stato rintracciato solo oggi ed è anch'egli detenuto, in un carcere tedesco. Il gesto della detenuta, che ora si trova piantonata nel reparto psichiatrico dell'Ospedale Sandro Pertini, era costato come effetto immediato la sospensione dei vertici della sezione femminile del carcere di Rebibbia.
Nel frattempo, sulla base degli elementi finora raccolti e “in attesa di ottenere le necessarie risultanze probatorie”, il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) ha inserito nel suo documento, in virtù di quanto emerso nel corso dell'indagine, la richiesta di “voler valutare l'opportunità di adottare tutte le più adeguate iniziative relative al personale medico, impiegato presso la suddetta Casa Circondariale, anche provvedendo – ove lo riterrà opportuno – alla sostituzione dello stesso”. Il documento, lo stesso nel quale si parla delle precedenti segnalazioni sull'instabilità della detenuta, è stato indirizzato al direttore generale dell'Asl Roma 2 e per conoscenza al capo di gabinetto del ministero della Giustizia.
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