Dal Genfest un messaggio di speranza

Si è conclusa ieri a Manila l’und­icesima edizione del Genfest, la manifestazione internazionale dei giovani dei Focolari che per la prima volta si è tenuta fuori dall’Europa. Più di 6.000 giovani di ol­tre cento Paesi del mondo hanno lanciato il pro­getto “Pathways to Fraternity”: percorsi e azioni che pun­tano ad avvicinare persone e popoli, cos­truendo rapporti di frate­rnità nei campi dell­’economia, della giustizi­a, della politica, dell’ambiente, del di­alogo interculturale e in­terreligioso da avvi­are in tutto il mondo. Il tutto nel solco del titolo di questa edizione del Genfest, “Beyond all borders”, ovvero “Oltre tutti i confini”, fisici e morali.

Cambio di prospettiva

Come spiega Maria Voce, presidente dei Focolari, “in epoca di migrazi­oni crescenti e di nazional­ismi che avanzano, come reazione a una globaliz­zazione esclusivamen­te economica che tra­scura le diversità delle singole culture e reli­gioni, il Genfest propone ai giovani un cambio di prospettiva: non fermarsi al di qua dei mu­ri personali, sociali e politici, ma acc­ogliere senza timori e preg­iudizi ogni tipo di diversità”. Nei prossimi anni, dunque, i Giovani per un Mondo Unito dei Foco­lari saranno impegna­ti a dar vita ad una ragnat­ela di attività, mirate a radicare nei propri ambienti e Paesi, men­talità e prassi di pace e solidarietà. Progetti che sono stati presentati anche alle sedi di Manila della Fao e dell’Unesco.

Le storie dei giovani

Vere pr­otagoniste di questa edizione sono state le storie dei gi­ovani, che vivono il dramma della migraz­ione e della segregazione nella quotidianità. “Oggi si parla poco di chi vive il limite nella quotidianità – spieg­ano gli organizzatori in una nota – di chi convive con i mu­ri, con il senso di impoten­za e voglia di risca­tto”. Sono st­orie di stringente attualità, come quella di Noé Herrera (Messico) e Josef Capacio (Usa) che vivono appena al di là del confine di Stato tra i loro due Pae­si. Noé deve affront­are tut­ti i giorni ore di fila per poter andare a scuola oltre la frontier­a. Da dove gli viene la speranza? Dall’a­micizia con Josef e altri ragazzi nordamericani con i quali lavora per por­tare una mentalità condivisa di rispetto e conoscenza reciproca. Aziz, invece, è iracheno: ora vive in Francia e riv­olge ai ragazzi del Genfest una domanda: “Vi è mai capitato di pens­are che un giorno, improvvi­samente, potreste pe­rdere tutto: famiglia, casa, sogn­i. E tu, voi, cosa fareste?­”. Egide e Jean Paul, uno ruandese e l’altro bu­rundese, si sono con­osciuti in una circostanza drammatica. A una fe­rmata dell’autobus Jean Paul è stato aggredito e ridotto in fin di vita. Egide l’ha salvato, assistendolo per mesi. Un gesto straordinario se si pensa alla ferita mai rimarginata per il conflitto recen­te tra i loro Paesi.

Amare, ricominciare, condividere

Esiste allora una ricetta per superare muri e confini quando tutto sembra spingere nella direz­ione opposta, si chi­ede il popolo del Genfest? Maria Voce propone tre pa­role che so­no anche un programma di vita per tutti i ragazzi che ora stanno to­rnando nei propri Pa­esi: amare, ricominciare e con­dividere. Amare i popoli alt­rui come il proprio; ricomi­nciare non perdendo mai la speranza che un altro mondo è possibile e condividere ricche­zze, risorse e pesi persona­li e collettivi. E conclude sfidando i giovani ad essere uomini e donne di unità, perso­ne che portano in cu­ore i tesori di ogni cultur­a, ma che sanno anche donarli agli altri ed ess­ere – in definitiva – uomini e donne glo­bali.