Un materasso sucido, così come il pavimento dove era appoggiato, colonne di formiche e piatti con sporcizia accumulata da tempo. Nessun arredo e al posto del corredo da letto alcuni fogli di giornale. Rotto lo scarico del water, intasato quello del lavandino e l’unica finestra sigillata senza passaggio d’aria, con una temperatura insopportabile. E’ in queste terribili condizioni che il Garante delle persone private della libertà ha trovato un detenuto nel carcere di Regina Coeli, nella cella destinata a chi è a rischio suicidio. Per il Garante sono stati violati i diritti umani. Di qui la decisione di informare la procura di Roma.
Nel suo rapporto sulla visita, compiuta ad hoc il 18 luglio scorso nella Sezione Ottava del carcere romano, il Garante parla di “condizioni di totale degrado strutturale, mancanza di igiene e insalubrità assoluta” con riferimento alla stanza 1 in cui era ristretto il detenuto. “Uno stato tale da non consentire la permanenza di una persona senza violarne gravemente la dignità e la salute”. Un degrado che riferisce nel dettaglio, comprese “le pareti imbrattate per tutta la loro estensione, di macchie di varia natura, anche organica” e il detenuto costretto a usare i piatti di plastica dei pasti per buttare un po’ di acqua nel water. Al momento della visita il detenuto era lì da 3 giorni, durante i quali non aveva fatto “nessuna uscita ai passeggi” e non aveva avuto “nessun accesso alle docce”. Si trovava in quella cella per aver tentato il suicidio, ma sul punto il Garante non nasconde i suoi dubbi: l’uomo si era stretto al collo un lenzuolo alla presenza del comandante del reparto e di un commissario. Un episodio che, scrive ancora il Garante, sembrerebbe “un gesto di protesta”, più che un tentativo di suicidio.
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