Suicidi in carcere: in 24 ore, un 22enne si toglie la vita a Roma, un 43enne a Bologna

Due casi di suicidio in carcere in poche ore. Torna così drammaticamente alla ribalta lo spinoso tema dei penitenziari nostrani, perennemente sovraffollati e (a parte lodevoli eccezioni) incapaci di creare un percorso di recupero e reinserimento dei detenuti.

Suicida al regina Coeli

Un ragazzo italiano di 22 anni – recluso nel carcere romano di Regina Coeli – si è impiccato utilizzando un lenzuolo legato alla grata del bagno. Il suicidio è avvenuto ieri notte intorno alle 23,00 nella seconda sezione, al terzo piano, dove convivono forzatamente altri 167 reclusi. Il personale di custodia, intervenuto immediatamente, non ha potuto salvarlo. Il giovane era in carcere per resistenza, lesioni e danneggiamento; in passato era evaso dalla Rems ma ripreso e ricondotto in carcere.

Il sovraffollamento

La triste notizia è stata diffusa dai sindacati di categoria. La Fns Cisl del Lazio ha rilasciato in merito una dichiarazione: il carcere Regina Coeli “ha un sovraffollamento di più di 289 detenuti: il dato detenuti presenti è attualmente 911 rispetto ai previsti 622″.

Un primo suicidio a Bologna

Si tratta dell’ennesimo caso di suicidio dietro le sbarre, a poche ore di distanza dall’ultimo caso avvenuto sempre ieri a Bologna. Un altro detenuto, un italiano 43 enne, si era ucciso impiccandosi nel carcere bolognese del Dozza usando come cappio dei lacci delle scarpe legati alle grate delle finestre del Reparto Infermeria del “Rocco D’Amato” di Bologna, dove era ricoverato.

La denuncia del coordinatore della Polizia Penitenziaria

A darne notizia, il Coordinatore Della Uil Polizia Penitenziari di Bologna Domenico Maldarizzi che ha così commentato la tragedia: “L’uomo con problemi di tossicodipendenza e con provvedimento definitivo fino al 2025, era stato in osservazione psichiatrica in altre strutture e a quanto pare non destava particolari sospetti tali da richiedere particolari accorgimenti”.

“Questi corpi esanimi – ha denunciato senza mezzi termini Maldarizzi – dovrebbero rappresentare macigni sulle coscienze di chi dovrebbe, potrebbe, gestire e risolvere ma non lo fa. Le 7.000 unità mancanti alla Polizia Penitenziaria, i 600 Educatori e i 500 Assistenti Sociali in meno, ed un sovraffollamento carcerario in crescita nell’ultimo periodo accompagnate dalle degradate e invivibili condizioni delle nostre prigioni, sono l’humus in cui prosperano disperazione, depressione e violenza”.

“Forse è giunta davvero l’ora di dire a chiare lettere – ha concluso il suo appello – che la tanto reclamata e propagandata riforma della giustizia non può prescindere da una incisiva e concreta attenzione risolutiva verso il mondo penitenziario”. Parole che non lasciano spazio a commenti né, tantomeno, a giustificazioni.