IL DELITTO D’ONORE TORNA A FAR PAURA

In Occidente ci eravamo abituati a considerarlo un, vergognoso, retaggio del passato. Un rituale di sangue legato alla società patriarcale, in cui le donne erano considerate pertinenza degli uomini: di padri e fratelli prima, dei mariti poi. Prive di libertà, costrette a vivere la propria condizione nell’infelicità. L’opposto di quello che una famiglia dovrebbe essere: equilibrata, amorevole, ordinata in base al mutuo rispetto e ai medesimi diritti. Pensavamo che una certa, odiosa, mentalità maschilista appartenesse solo ad alcune realtà geografiche flagellate dal fondamentalismo religioso. E invece il delitto d’onore – quella spregevole facoltà che consentirebbe all’uomo di uccidere la moglie infedele – torna fare capolino anche nell’Ovest del mondo. L’allarme arriva dalla Gran Bretagna, nazione ricca e a vocazione coloniale che nei secoli ha accolto popoli provenienti da ogni angolo del pianeta e, di conseguenza, anche le loro tradizioni, a volte controverse, altre oscure.

A svelare la reviviscenza del fenomeno è stato un gruppo di donne di origine curda e iraniana che vive proprio nel Regno Unito. Dopo una lunga lotta sono riuscite a ottenere la pubblicazione di dati che raccontano una realtà tenuta nascosta dalle stesse autorità di Sua Maestà dietro un muro di omertà, forse per imbarazzo o nel nome del “politically correct”. Si è venuti così a scoprire che sono stati 11.744 i crimini di questa matrice registrati in Gran Bretagna fra il 2010 e il 2014. E si tratta solo degli episodi censiti. I reati vanno dall’omicidio, alle percosse, al sequestro di persona (spesso legato a matrimoni forzati). E il movente si ammanta sempre di richiami alla difesa di quelli che vengono spacciati per l’onore e la reputazione di una famiglia o d’una comunità. Vittime, quasi sempre, sono le donne.

Londra è in cima al ranking delle denunce, ma la polizia ne ha raccolte in questi anni da nord a sud dell’isola. Le attiviste che hanno sollecitato la diffusione dei dati invocano adesso “una strategia nazionale”, con il coinvolgimento di investigatori, magistratura e scuole del regno. Diana Nammi, direttore della Iranian and Kurdish Women’s Rights Organisation – che aiuta donne originarie del Medio Oriente residenti in Uk a tutelare i loro diritti – ha notato che la tendenza non accenna a invertirsi anche a distanza di anni dall’immigrazione in Europa. Il problema è sempre quello: chi subisce, se sopravvive, non si rivolge alle autorità, poiché “molti crimini non vengono denunciati essendo spesso i colpevoli familiari delle vittime”. Paura di ripercussioni peggiori ma anche, in un certo senso, di disonorare ancora di più i propri parenti. Un omaggio a quell’errato concetto secondo cui la reputazione abbia solo un valore esteriore (“importante è quello che dice la gente”) e non sia, invece, frutto di valori reali, intimi, manifestati concretamente.

Raccogliendo l’appello, Mark Chishty, comandante del dipartimento di polizia che si occupa di questi casi, ha riconosciuto che la divulgazione delle cifre potrà favorire “una migliore comprensione” della realtà. “Ci sono stati enormi fallimenti da parte delle autorità su questo fronte e ce ne dispiace”, ha ammesso l’alto funzionario, sottolineando che occorre una “migliore preparazione” degli agenti poiché “la violenza basata sull’onore non è più una questione di nicchia” nel Paese. “Bisognerà lavorare duro e lavorare insieme per sradicare” la malapianta, ha concluso. La Bbc, rilanciando l’allarme in un documentario, ha di recente raccontato la storia esemplare di Anisa (il nome è di fantasia), una ventenne britannica di radici asiatiche nascosta in un rifugio protetto gestito dall’associazione Hestia, per sfuggire ai genitori. Questi l’accusavano di aver “disonorato” la loro casa per aver abbandonato un marito imposto. “Mio marito – rammenta ora lei – mi picchiava almeno due volte alla settimana. Se non cercava di strangolarmi, mi prendeva a pugni e schiaffi. Ma quando hanno saputo che ero scappata, i miei genitori hanno minacciato di uccidermi. E io ho davvero paura”.