IL CROCIFISSO IN CLASSE
LO VOGLIONO I MUSULMANI

Occidente contro Islam, musulmani contro cristiani. L’alba del nuovo secolo ci sta portando a una radicalizzazione del confronto, attraverso gli orrori di attentati, guerre e massacri e la diffusione delle informazioni attraverso i media internazionali. Il germe dell’intolleranza, alimentato dalle immagini delle uccisioni, si sta diffondendo nella società e per debellarlo non c’è altra via che una crescita culturale globale; nel mondo occidentale, cristiano o agnostico, e in quello musulmano. Ma per seguire questa strada non è possibile prendere posizioni tiepide: c’è bisogno di gesti forti, autorevoli, definitivi. La generica condanna degli attentati non basta, ecco perché la posizione espressa dal presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai), Foad Aodi, ha un peso rilevante.

“Se vogliamo rompere questa catena di violenze dobbiamo partire dal rispetto. E allora diciamo chiaramente che certe divisioni vengono costruite ad arte, per trovare spazio sui giornali, per conquistare un titolo. Come nel caso del crocifisso in classe: noi Comunità musulmana siamo favorevoli alla sua esposizione nelle aule italiane, senza ambiguità. Chi ha montato la polemica, tra l’altro, non era un islamico ma insegnanti italiani; c’è chi cerca visibilità per andare sui media, o magari ritagliarsi qualche candidatura politica. La verità è che noi pretendiamo rispetto ma vogliamo anche darlo, e dunque il crocifisso deve stare dove è sempre stato, anche se a scuola ci sono bambini musulmani”.

Un’affermazione che azzera le polemiche degli ultimi anni e riequilibra quel principio di reciprocità a volte dimenticato in certi ambienti del mondo arabo. Un’apertura che certo non vuol dire accettare di vedere deriso Maometto: “Dobbiamo dire no alla libertà di insultare e provocare, a qualsiasi strumentalizzazione dell’Islam, del terrorismo e dell’immigrazione per fini politico elettorali”.

Foad Aodi si spinge oltre, e per combattere il terrorismo non si tira indietro di fronte all’idea di una legge europea per il controllo dei flussi con la cosiddetta immigrazione programmata, così come sull’istituzione di un albo per gli Imam italiani “perché la loro preghiera sia eseguita anche nella lingua nazionale”. La posizione del Comai risulta ancor più forte perché le parole sono state pronunciate alla presenza di Nassif Yousef Hitti, ambasciatore della Lega Araba in Italia e di Jean-Claude Calisesi, consigliere consolare presso l’Ambasciata e il Consolato francese a Roma.

I musulmani in Italia, culla del cristianesimo e fondatrice dell’Unione europea, chiedono l’incremento della collaborazione tra Onu, Paesi arabi ed euro-mediterranei nella politica estera e nella cooperazione internazionale; per farlo bisogna ripartire dai territori. Ecco perché è auspicabile la riattivazione delle consulte regionali e nazionali per le Comunità e le Associazioni arabe, musulmane e di origine straniera, per favorire la collaborazione tra le Istituzioni.

“Bisogna smetterla – afferma Foad Aodi – con l’abbinamento tra Islam e terrorismo. Abbiamo detto chiaramente che riteniamo i jihadisti assassini che nulla hanno a che vedere con gli insegnamenti del Corano, ma non possiamo nemmeno svegliarci ogni mattina con l’ansia di dover ripetere ciò che già abbiamo affermato. Dobbiamo guardare avanti, superando tutte le forme di propaganda, da parte islamica e da parte e dell’Occidente. No al terrorismo, no alla libertà di insultare e di provocare”.