Fascia rossa, l’ira della Calabria: “Impugneremo l’ordinanza”

Il presidente facente funzioni, Nino Spirlì, annuncia ricorso: "I dati epidemiologici non giustificano alcun lockdown"

Dalla mezzanotte entrerà in vigore l’ultimo Dpcm messo a punto dal governo. Italia in fasce di rischio, niente “verde” ma elementi di criticità progressivamente più stringenti. Dalle aree gialle (la maggior parte delle regioni) a quelle rosse. Quattro territori, ognuno dei quali dovrà affrontare un periodo di lockdown “light” ma comunque chiusure e restrizioni più marcate degli altri territori italiani. Una decisione che, come ha spiegato il premier Conte, si basa su valutazioni precise sulla base degli elementi e i parametri forniti dall’Istituto superiore di Sanità. Ma che, inevitabilmente, vanno a creare qualche sacca di rimostranza. A suonare la carica è in particolare la Calabria, che tramite il presidente facente funzioni, Nino Spirlì, annuncia battaglia. “Impugneremo la nuova ordinanza del Ministro della Salute che istituisce la zona rossa in Calabria. Questa regione non merita un isolamento che rischia di esserle fatale“.

Calabria verso il ricorso

Il provvedimento firmato dal ministro Speranza non ha incontrato il consenso della Regione, secondo la quale i dati del contagio non motivano una chiusura quasi totale. “Le costanti interlocuzioni che ho avuto in questi giorni con i membri del Governo e con il commissario Arcuri, al di là della grande disponibilità al dialogo da parte di tutti – spiega Spirlì – non hanno prodotto alcuna modifica rispetto alla volontà, evidentemente preconcetta, di ‘chiudere’ una regione i cui dati epidemiologici, di fatto, non giustificano alcun lockdown, soprattutto se confrontati con quelli delle nostre compagne di sventura: Lombardia, Piemonte e Val d’Aosta”. Da qui la decisione di procedere con un ricorso, che riceve il sostegno compatto dei partiti di Centrodestra (che governa la Regione).

Sindaci e Regione: “No il lockdown”

Anche i sindaci, da Cosenza a Reggio Calabria, fanno quadrato contro una chiusura che, come spiegato dal primo cittadino cosentino, Mario Occhiuto, è ritenuta “una grave ingiustizia per i calabresi”. Anzi, secondo il sindaco assumerebbe più l’aspetto di “un provvedimento frutto di motivazioni politiche e punitive”. Ed è nell’ottica di tale ragionamento che si muove la Regione: “Altre regioni, con dati peggiori dei nostri – afferma ancora il presidente Spirlì – sono state inserite nella zona arancione e hanno evitato, e ne sono felice, la chiusura. Non si comprendono, perciò, i criteri scientifici in base ai quali il Governo ha deciso la ‘vita’ o la ‘morte’ di un territorio”.

Perché in fondo, spiega Spirlì, “è di questo che si tratta: un nuovo lockdown rischia di annichilire in modo definitivo una regione come la Calabria”. Nessuno, conclude, “nega le ataviche difficoltà del nostro sistema sanitario, ma, in queste ultime settimane, la Regione, attraverso misure differenziate e restrizioni mirate, è riuscita a limitare i danni e a tenere la curva epidemiologica sotto controllo”.